Esattamente un mese fa, il presidente legittimo della Repubblica dell’Honduras, Manuel “Mel” Zelaya, veniva sequestrato da un commando golpista dando inizio così all’ultimo colpo di Stato nel XXI secolo. Di eversori in America latina continuano ad essercene moltissimi ma, soprattutto dopo la sconfitta del golpe in Venezuela dell’11 aprile 2002 si pensava che la forma golpe, i governi civico-militari, i cadaveri degli oppositori sul ciglio della strada, gli appoggi o i silenzio-assenso da parte dei grandi burattinai fossero cosa del passato.
Mel Zelaya nel corso di questo mese è diventato una sorta di simbolo. Questo non perché rappresenti un politico nel quale meriti necessariamente riconoscersi, ma per l’istituzione democratica che incarna rispetto all’istinto autocratico delle forze golpiste, intorno alle quali sta pascolando la peggior feccia della storia latinoamericana, sicari come Joya Améndola, neonazisti come Peña Esclusa, terroristi internazionali come Otto Reich. Alla testa di questi si è installato Roberto Micheletti, un famelico personaggino subito adottato da parecchi media italiani, pronti a passar sopra al golpe e a fare l’ennesima ignobile figura facendo il tifo per il dittatore (presunto) tifoso dell’Atalanta.
Ma la parte interessante, e che riempie di speranza per quanto sta avvenendo in Honduras, non risiede nel quadro politico istituzionale ma nel protagonismo dei movimenti sociali, indigeni, contadini.
Leggi tutto in esclusiva su Latinoamerica.