Annalisa Melandri: Fredy Muñoz Altamiranda da domenica 12 novembre si trova in stato di arresto a
Bogotà con l’accusa di essere un terrorista.
Fredy è il corrispondente dalla Colombia di TeleSUR, nonché membro fondatore dell’emittente televisiva.
Domenica sera al suo arrivo all’aeroporto di Bogotà di ritorno da Caracas dove si era recato per un corso di formazione audiovisiva, è stato prelevato da agenti del DAS (il Dipartimento Amministrativo di Sicurezza colombiano) e condotto nei loro uffici dove da allora si trova formalmente in stato di arresto.
Egli è inoltre imputato dal servizio di sicurezza di far parte del fronte 37 delle FARC e di ribellione. Nell’inchiesta condotta dalla Fiscalía 5 di Barranquilla (dove verrà presto trasferito) il giovane giornalista è accusato da alcuni testimoni di essere un addetto agli esplosivi del gruppo sovversivo delle FARC e di aver partecipato ad
attentati contro le infrastrutture del Paese.
Secondo i testimoni Altamiranda avrebbe partecipato ad attentati contro le centrali elettriche di ElectroCosta.
In una lettera pubblica lo stesso Fredy informa:”Questa è un’accusa che come me hanno subito centinaia di giornalisti nel mondo, dal momento che l’unilateralismo statunitense accusa di terrorismo coloro i quali gli si oppongono con la ragione e con le prove”. Egli ha potuto affermare inoltre che “questo è un colpo in più inferto al giornalismo libero e critico” e che “pretendono di piegarlo con la forza e la falsità”. Ha inoltre ringraziato tutti coloro che gli sono vicini e che gli insegnano a ” non perdersi d’animo perché fare giornalismo è rendere pubblico quello che non si vuole che si sappia”.
Il presidente di TeleSUR Andrés Izarra ha segnalato, in una intervista relativamente all’accaduto, che non esclude ci sia una relazione “con interessi che pretendono colpire la credibilità di TeleSUR e colpire le relazioni bilaterali tra Colombia e Venezuela. Contro TeleSUR è stata attuata ogni tipo di manovra, accusa, falsità e disprezzo, similmente come è stato fatto contro il Venezuela e il processo di integrazione. Casualmente le accuse più aggressive e le offese più dure che abbiamo subito a TeleSUR vengono dalla Colombia”.
E forse Fredy Muñoz Altamiranda è diventato scomodo in Colombia proprio perché rendeva pubbliche troppe cose e dava voce a chi generalmente voce in Colombia non ne ha: dalla cronaca delle manifestazioni dei familiari dei desaparecidos, ai recenti omicidi di insegnanti (11 solo nei primi quattro mesi dell’anno) da parte dei paramilitari, alla diffusione della notizia che lo Stato Colombiano è stato dichiarato (dal Consiglio di stato, il massimo tribunale del paese) responsabile per “inefficienza” della morte dei 63 soldati avvenuta nel corso di un’azione contro le FARC .
In una conversazione telefonica che ha potuto avere con TeleSUR lunedì scorso, Fredy Altamiranda ha lanciato un appello a tutta la comunità internazionale affinché si presti molta attenzione a ciò che accade in Colombia e che secondo la sua opinione in quel paese “dire la verità è pericoloso”. Questa però non è una novità come
non è una novità che ciò che si verifica in Colombia, accade sotto l’indifferenza del mondo intero.
La FELAP (Federazione latinoamericana dei giornalisti) ha lanciato un appello nel quale “manifesta profonda preoccupazione e opposizione alla detenzione del corrispondente di TeleSUR a Bogotà”.
La FELAP “si unisce alla denuncia di questo grave attacco alla libertà di espressione e al libero esercizio della professione ed esige che le autorità colombiane liberino immediatamente il giornalista in carcere”.
Termina il comunicato affermando che “la detenzione di Muñoz Altamiranda presuppone l’intenzione di colpire un progetto come quello di TeleSUR di chiaro impegno verso una informazione che si confronta con l’ atteggiamento di coloro i quali detengono l’opprimente egemonia della comunicazione, a partire dai monopoli e
oligopoli nazionali e internazionali”.
In uno scenario latinoamericano dove sempre più si vanno stringendo alleanze scomode per gli Stati Uniti e dove governi e uomini di sinistra prendono il posto dei soliti fantocci filoamericani, la Colombia si va sempre più delineando come il fedele alleato di Washington.
Álvaro Uribe Vélez, preoccupato probabilmente dai risultati delle recenti elezioni americane, ma forse di più dalle dichiarazioni di Jorge 40 e di Salvatore Mancuso, storici capi paramilitari, i quali si sono detti disposti a “dire tutta la verità sui loro legami con la classe politica”, proprio nei giorni scorsi è volato negli Stati Uniti per chiedere la proroga del Plan Colombia , in scadenza proprio a dicembre e di fatto fallimentare in quanto non ha raggiunto nessun risultato nella lotta alla droga e alla guerriglia.
Suona quanto meno strana questa coincidenza e se Andrès Izarra ha la diplomazia di parlare di casualità nel fatto che le accuse più aggressive verso l’emittente televisiva che, ricordiamolo, nasce grazie all’impegno di paesi come il Venezuela, l’Argentina l’Uruguay e Cuba con lo scopo preciso di contrastare il monopolio
mediatico statunitense sul continente latinoamericano, noi non possiamo fare a meno di chiederci che promessa abbia fatto il Dr. Uribe a Washington in cambio della conferma del Plan Colombia e probabilmente in cambio di protezione negli Stati Uniti se le rivelazioni di Jorge 40 e di Mancuso dovessero rivelarsi troppo “esplosive”.