L’altra campana. Un bambino muore tragicamente, i genitori vengono arrestati, ma…

La notizia della morte del piccolo Rocco Pellegrini nel viterbese è di quelle tristissime, ma che poi vengono catalogate alla voce fatalità, disagio sociale, marginalità. Come quando i bimbi rom muoiono bruciati in una roulotte e pensiamo che ciò sia accettabile che ogni tanto succeda. Il piccolo Rocco avrebbe ingerito metadone, secondo alcune fonti per la stessa ammissione dei genitori, che sono stati arrestati.

Il Quotidiano Nazionale (Carlino, Giorno, Nazione) ci va giù duro: “overdose”, instillando come il fiele l’idea che a 15 mesi il bimbo potesse essere un consumatore abituale. Altri giornali sono più prudenti e parlano di ingerimento per errore, che sarebbe comunque un fatto grave, ma contestualizzabile diversamente.

Rocco Pellegrini, il nonno ed omonimo del bambino, è un incluso del digital divide e questo dettaglio è quello che ci permette di operare nei suoi confronti una “restituzione di voce”. E’ un incluso al quale succede una disgrazia che in genere tocca a degli esclusi, a dei marginali le voci dei quali non vengono ascoltate. Le vite dei quali vanno descritte come un cliché, dove disagio, marginalità, disadattamento vanno confinati in una loro precisa sfera. L’esecrazione indignata può così mescolarsi alla compassione per rassicurare il lettore che a lui non possa succedere.

Noi riproponiamo qui la testimonianza di Rocco Pellegrini, redattore tra l’altro di Agoravox. La sua è una testimonianza di parte, e come tale non possiamo conoscerne i confini con l’autodifesa, ma testimonia ancora una volta di come i giornali si sentano in diritto di triturare “le vite degli altri”, a patto che siano le vite di chi non è ricco e potente e vive un disagio sociale severo. Sono queste “le vite degli altri”, di alcuni altri, delle quali i media pensano di poter disporre per linciarle in piena impunità esponendole al pubblico ludibrio. Con Lapo Elkan furono più circospetti…

In memoria di Rocco Pellegrini.

Martedi 28 ottobre verso le 19 è morto mio nipote Rocco Pellegrini, un bambino di 15 mesi. E’ tragico quel che sto per fare perchè io ero il nonno di questo bambino che portava il mio stesso nome e la cosa normale è che lui avesse seppellito me, essendo questa la logica del corso naturale della vita. Ma un tragico incidente di famiglia, una fatalità ineluttabile ha stroncato la sua giovane vita lasciando il padre, la madre, me e mia moglie in una disperazione così sorda e crudele che è difficile anche parlarne.
E’ come se il mio cuore fosse stato gelato da un freddo assoluto ed inesorabile e la vita stessa in questo momento mi sembra un fardello difficile da sopportare. Lui era la mia vita e come farò adesso a vivere? Credetemi è un’esperienza che non auguro a nessuno, una ferita aperta e sanguinante che, spero, soltanto il tempo, che sana tutto col suo scorrere inesorabile, riuscirà a rendere meno onnipresente come oggi è per me.
Neanche la preghiera e la convizione assoluta che come credente nutro, che la vita nell’altro mondo sia migliore di questa oggi mi consola e mi da un qualche conforto.
Rocco starà senz’altro meglio ma io, noi della sua famiglia, come staremo? Quando succedono queste sciagure ognuno reagisce come può ed, in generale, si sceglie la via del silenzio e della riflessione per metabolizzare la sofferenza e continuare a vivere.

Io stesso non mi sarei astenuto da questo comportamento e non avrei in alcun modo parlato di questa tragica storia se non mi fossi trovato di fronte ad un linciaggio mediatico, supportato dall’arroganza delle istutuzioni, di mio figlio e della sua compagna che mi spingono a superare il naturale riserbo ed a prendere pubblica posizione sull’argomento.
Lo faccio tramite il mio sito ed AgoraVox.it perchè queste sono delle tribune libere e non sentine di turpitudine e di infamità come ormai si può dire per la grande maggioranza della stampa e del sistema dei media.
Questo sistema non rispetta nessuno, non tiene in minimo conto i diritti delle persone, non sa cosa siano umanità e comprensione ma, eccitato com’è dal gusto e dal profitto che una notizia può realizzare, ne dice di tutti i colori, entra come un trattore nel riserbo altrui per vendere una copia in più od ottenere audience stimolando i peggiori istinti dei lettori, quel tanto di morboso che è in tutti noi.
Ma non voglio trarre conclusione generali avulse dai fatti e dunque sono costretto a ripartire dalla nostra tragedia per spiegare come e perchè io e la mia famiglia siamo oggi oggetto di un vero e proprio linciaggio mediatico, con notevole responsabilità anche della caserma dell’arma dei carabinieri di Ronciglione e della procura di Viterbo. E’ meglio lasciar parlare i fatti perchè sono eloquenti più di Demostene.
Tutta la tragedia si è compiuta in meno di un’ora tra le 18 e le 19 di quel maledetto martedì appena passato. Mentre lavoravo al computer ho sentito mio figlio e la compagna che trafelati sono usciti di corsa dalla nostra bella casa nella campagna del viterbese. Non mi sono reso conto di nulla perchè altre volte li ho visti un pò agitati ed ho continuato a lavorare sulle tesi che dovrò discutere il 10 novembre. Dopo una ventina di minuti è arrivato mio figlio bianco come uno straccio; si è rivolto a mia moglie dicendo "mamma, Rocco sta male, ha ingerito delle pasticche delle medicine di Beatrice e non respira bene, vieni con me perchè ho paura". Mia moglie che stava al piano di sopra è partita come un fulmine e sono scomparsi nella notte. Rimasto solo, sempre cercando di mantenere un comportamento speranzoso, mi sono detto: "non sarà nulla, una cosetta da bambini, è andato al pronto soccorso, ecc" ho ripreso a lavorare. Dopo qualche minuto la preoccupazione ha preso il sopravvento ed ho chiamato il cellulare di mia moglie, ma ho sentito che squillava sopra: era uscita senza il cellulare.
Dunque dovevo aspettare. Ma l’attesa è stata breve. Dopo qualche istante il cellulare di mia moglie ha cominciato a squillare. Ho risposto e lei mi ha detto che la situazione stava precipitando. Affannato ho preso la macchina e sono corso al pronto soccorso di Ronciglione. Appena arrivato ho visto un gruppo di persone che mi hanno detto di essere tutti tifosi per il bambino che stava rischiando la vita, ma la porta era sbarrata. Ho suonato ed è arrivato un infermiere. Gli ho chiesto "come sta il bambino?" E lui mi ha risposto: "è morto".
Non so come ho fatto a non cadere fulminato, ma sono riuscito a raggiungere una sedia e lì sono rimasto accasciato senza saper reagire in alcun modo. Ho visto un tramestio alla porta d’ingresso del primo soccorso, che era lontana da me 3 metri, ma non riuscivo a concentrarmi, a ragionare, a riprendermi.
Dopo un tempo che non so definire è arrivata mia moglie disperata. In quel momento avevo paura di cercare mio figlio e la sua compagna Beatrice, che hanno amato ed accudito Rocco come nessun’altro al mondo perchè cosa dire, cosa fare, come consolare? Ma non era quello il problema.
Mio figlio e Beatrice non c’erano più. Erano intervenuti i carabinieri e li avevano portati via. Non voglio, minimamente, banalizzare la gravità dell’evento. Quando muore una persona bisogna accertare la verità e capire le responsabilità, ma c’è modo e modo per farlo. Bisognerebbe ricordarsi che le persone sono disperate, che quelli che potrebbero essere dei rei sono il padre e la madre del bambino morto e che, dunque, soprattutto per loro, quella che per tutti è una tragedia, è un evento distruttivo e drammatico. Ma chiedere umanità e comprensione è troppo per una cultura che stenta ad assimilare lo stato di diritto, inteso come diritto di tutti, nessuno escluso.
Da quel momento non ho più visto i miei ragazzi e non ho avuto modo di parlare con loro. I carabinieri sono venuti a casa mia ed hanno fatto una perquisizione accurata di tutti gli spazi da loro abitati. Dopo oltre 6 ore di perquisizioni, su ordine dell’autorità giudiziaria, hanno portato via i reperti che hanno creduto opportuno, ed hanno sigillato sia la parte della casa abitata da loro che il bagno utilizzato da Giulio e Beatrice.
Adesso aspetteremo che lor signori si degnino di fare gli accertamenti restituendoci l’agibilità della nostra casa come si conviene ad un paese civile. In una notte piena di incubi aspettavamo il ritorno di Giulio e Beatrice, ma soltanto alle sei della mattina i carabinieri ci hanno avvertito che erano stati arrestati senza spiegarci nè perchè nè per come. Ci dice l’avvocato che i nostri ragazzi sono stati arrestati per possesso di droga.
Ho visto nei reperti trovati una piatina di canapa. Anche qui la legge prevede che il reato non sia dato dalla pianta in sé, ma dalla quantità del principio attivo presente nella pianta. Dunque bando alle illazioni. Per sapere come stanno le cose, che cosa abbia portato Rocco alla morte e se e come sia stata trovata droga bisogna fare delle analisi ed un’autopsia del corpo del bimbo.
Tutto questo non è stato ancora fatto e dunque non ci sono elementi per dire alcunchè su questa tragica storia. Ma ieri i carabinieri di Ronciglione, forse in accordo con la procura di Viterbo, rompendo il riserbo che il buon senso avrebbe dovuto dettare, hanno fatto una conferenza stampa nella quale hanno raccontato una sorta di Cogne bis, ricostruendo la vicenda non sui fatti ma sul profilo delle persone convolte, scatenando così la stampa che ha coperto di ingiurie e di falsità la mia famiglia.
C’è da dire, ad onor del vero, che mio figlio ha un passato di tossicodipendenza dalla quale ha cercato di uscire con sforzi molto grandi ma sempre precari. Per me la tossicodipendenza è una malattia, non una malattia morale. Ci si cade senza sapere quale inferno si attraverserà, ma chi ne resta vittima è come un malato qualsiasi che va curato e non demonizzato quale fosse un appestato del nostro tempo. Invece la morte del bimbo, per come la hanno raccontanto i giornali, sarebbe una prova provata della scelleratezza di un povero drogato.
Quanto alla compagna di mio figlio ha avuto dei disturbi psichici ed è in cura, ancora oggi. Ho letto un articolo sul Messagero di Roma in cui il giornalista ha parlato di vite bruciate. Bruciato sarà lei, caro giornalista dei miei stivali. Cosa ha studiato a fare, perchè ha imparato a scrivere per dire simili idiozie? Viviamo in un mondo che difende il diritto dell’embrione, ma una persona in carne ed ossa che ha una vita difficile, piena di sofferenze è una vita bruciata? Non lo sa che l’essere umano è inconoscibile nella sua essenza e quello che pare un cretino potrebbe essere il nuovo genio dell’epoca? Si vergogni se ha una coscienza, ma stia certo che la porteremo in tribunale per rispondere del modo in cui ha trattato delle persone in grave difficoltà. Guardi dentro di se che troverà un deserto altro che bruciato, mi creda.
Il Corriere della Sera ha parlato di tugurio in cui viveva il bambino. La nostra casa è una gran bella casa e per allestire la parte dove vivono i nostri ragazzi abbiamo speso non poco. Dunque quale tugurio? E poi se anche fosse non è nato Gesù in una mangiatoia?
I lanci dei telegiornali ed in particolare il Tg1 sono stati dei veri e propri plotoni d’esecuzione. Ma non voglio dilungarmi sulla sporcizia che sporca anche chi si sofferma a parlane. Sto raccogliendo il materiale tutti quelli che hanno detto delle cose false e ne risponderanno davanti alla legge.
Quello che posso dire come mia testimonianza sulla vicenda di mio nipote è che mai un bambino è stato così amato e curato come Rocco è stato allevato dai suoi genitori. Sia il padre che la madre hanno dato per lui tutto quello che potevano dare ed anche di più. Nei 15 mesi di questa breve e meravigliosa esistenza questo bambino è stato il fulcro dell’affetto della nostra famiglia e non lo ho mai visto piangere se non per ottenere quello che voleva. Un padre ed una madre così teneri e devoti potrebbero essere di modello per tanti e sicurmante lo sono stati per me che, preso dalla mia vita, non ho dato a mio figlio tutto il tempo e la dedicazione che lui e Beatrice hanno dato a Rocco. In quindici mesi non sono usciti che tre volte. Dunque questa non è la storia dell’abbandono e dell’infanzia negata ma è una tragedia, punto e basta.
Cari amici di AgoraVox e voi tutti che leggete il nostro sito mediansenzamediatori.org per fortuna che c’è la rete e che abbiamo la possibilità di difenderci da soli.
Speso ci dimentichiamo di quanto importante è questa rete che ci protegge da un mondo di pazzi. Forse così daremo un contributo a cambiare questa vergognosa situazione di un mondo dei media che non solo nasconde la verità ma spesso la crea ad arte come in questa tragica storia che, col cuore rotto, vi ho raccontato.

AGGIORNAMENTO http://www.agoravox.it/Scarcerati-i-genitori-del-piccolo.html 

http://www.agoravox.it/I-media-e-la-morte-di-mio-nipote.html