Antonio Fazio si è dimesso, una prece. Il partitone trasversale sta cercando un accordo bipartigiano per garantire capre e cavoli. Ditemi se ieri non avete riso come me di fronte alla deferenza dei commenti per il gesto di alto valore istituzionale di Fazio scappato via giusto 30 secondi prima di essere cacciato. L’Istituzione, l’istituzione, tutti si riempiono la bocca del prestigio intonso dell’istituzione Banca d’ Italia.
Adesso per la successione corrono i nomi di tanti compagni di merende, gente vecchia, monetaristi di lungo corso che si alimentano di un prestigio autoreferente tutto interno al mondo neoliberale al quale è iscritta di diritto la nostra bella classe dirigente. Prendetene le foto di due dal mazzo, Tommaso Padoa Schioppa, Mario Draghi o Monti che sia, Vittorio Desario o Vincenzo Grilli, Alberto Quadrio Curzio o perfino l’ex-ministro del Polo (ovvero un ministro della malavita per dirla salveminianamente) Domenico Siniscalco, e ditemi -come se foste sulla settimana enigmistica- se riuscite a riconoscere le differenze. Fazio, il tetragono passatista contrario all’Euro per non abbandonare neanche una pagliuzza di potere, quello dei Bond Argentini, della Cirio, della Parmalat e della Lodi, una vita dalla parte delle banche contro i risparmiatori, è storia. Salvo riciclarlo come ministro dell’economia, magari perfino del centro sinistra, o perfino come capo del governo in caso di pareggio il nove aprile. Il suo successore sarà la stessa minestra riscaldata. Il monetarismo è in crisi, il mondo cambia, il neoliberismo tracolla e noi ci scegliamo un tipo che viene dallo stesso identico coté. BASTA!
Io, molto umilmente, sottopongo il curriculum di un banchiere centrale che ha governato dalla parte del popolo (è stato anche ministro dell’Industria) la Banca Nazionale del suo paese di adozione. Il mio candidato come Governatore della Banca d’Italia è Ernesto Guevara Linch, detto Che, già presidente del Banco Nazionale Cubano. Sfido chiunque a dimostrare che è un nome meno credibile di quelli che corrono.
PS In pochi sanno che il Che sul biglietto da 3 pesos ci sta come banchiere, non come guerrigliero. In pochi conoscono l’attualità del pensiero del Che. Quella del Che banchiere centrale mandò su tutte le furie gli Stati Uniti in quel lontano novembre del 1959. Gli inglesi la presero con più ironia. Qualche anno fa a Londra, al Public Record Office, a Kew, scovai un rapporto d’Ambasciata con una bella foto del Che e una semplice frase: "può uno con una faccia così fare il banchiere centrale?"