L’America latina non è immune dalla crisi dell’economia statunitense e non sarà risparmiata dalla recessione mondiale, ma solo dieci anni fa sarebbe stata nell’occhio del ciclone. Le stime per il 2009 limitano la crescita della regione tra il 3.5% e il 4% contro il 4.6% del 2008. Appena una decelerazione che però nasconde alcuni cambiamenti importanti. Tasse sull’agroexport in Argentina, privatizzazione del petrolio in Messico: alcuni dei punti qualificanti dell’agenda politico-economica 2007-2008 sono stati semplicemente spazzati via dall’incedere degli eventi.
Il continente è dunque in una situazione molto migliore rispetto a quella nella quale sarebbe stata al tempo del neoliberismo più ortodosso. Nonostante non possa non temere una recessione globale, crescerà meno, incasserà meno dalla vendita delle materie prime, arriveranno meno rimesse dai migranti, l’America latina ha un sistema capitalista più solido e meno dipendente dalle decisioni del Nord. Sarà più difficile continuare a ridurre la povertà ma anche i costi umani saranno minori. Per il momento gli Stati latinoamericani –nonostante non possano escluderlo per il futuro- non hanno bisogno di piani di salvataggio per il sistema bancario. La crescita nell’ultimo decennio del commercio Sud-Sud e l’aumentare delle relazioni con l’Asia e soprattutto con la Cina, ma soprattutto il fatto che la regione abbia rifiutato l’ALCA, il trattato di libero commercio con gli Stati Uniti, sono i fattori che rendono oggi l’America latina meno sensibile alla recessione del mondo occidentale.
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