Maria Gianniti è una brava giornalista del Giornale Radio RAI. Spesso si è fatta notare in situazioni complicate, per esempio da inviata nella striscia di Gaza.
Adesso che sta a Londra da corrispondente passa anche lei sotto le forche caudine di insulsi, insopportabili servizi sulla Casa Reale inglese come quello di stamane sull’anziana signora Elisabetta Windsor che accompagna alcuni di quelli che la mantengono da una vita a spasso per Buckingam Palace.
Passi per l’impresentabile Giovanni Masotti, passi per Stefano Tura che da ragazzo, quando lavorava all’Unità a Bologna, era infinitamente meglio. Ma se pure la Gianniti s’adegua e s’ammoscia, allora è la sede quella che rovina i giornalisti? Ma il problema non è la Gianniti e non è il GR, che anzi è sempre il meglio che c’è.
Scandalizzerà gli eurocentristi (leggendomi Lucio Caracciolo si rivolterà nel mausoleo di famiglia di Limes) ma forse la verità è un’altra, e tocca tutti i media di un paese di media importanza e di media capacità di spesa in informazione come l’Italia. La verità è che il mondo è cambiato e che Londra è oggi una periferia di Washington che, se vive bene, vive bene in quanto tale e qualcuno dovrebbe prenderne atto. In questo non vi è alcun giudizio politico, è solo la presa d’atto che la più grande potenza al mondo dal Seicento fino all’inizio del Novecento ha completato il suo percorso di trasformazione in una potenza regionale. Una dal mazzo dei primi 15 o 20 del mondo ma Londra non è più il centro di nulla.
Il Foreign Office (i corrispondenti li mandi per la politica estera, non per il folklore dei parrucconi e delle teste coronate) da tempo immemorabile non ha una politica autonoma ed originale e forse, avendo risorse limitate, semplicemente non è più strategico avere qualcuno lì. Chi scrive ha passato lunghi e ripetuti periodi di studio negli archivi del Public Record Office a Kew Gardens e quindi non mi sfugge l’importanza del ruolo del FO nel XX secolo (e quelli precedenti). Ma il mondo è cambiato e qualunque economista insegnerebbe a riallocare risorse limitate nella maniera più opportuna.
E’ insopportabile che tutti i santi giorni TG e GR offrano l’ennesimo pezzo di colore da Londra sacrificando informazione seria (o altri pezzi di colore) dal resto del pianeta. Ma ciò succede perchè, semplicemente, a Londra non succedono così tante cose interessanti da giustificare una corrispondenza stabile. Ciò al contrario di Bruxelles, Berlino, Mosca, Istanbul in Europa e, in misura minore, Parigi e Madrid.
Chi scrive ha combattuto per anni (devo dire con successo) una battaglia nel suo giornale di Montevideo perchè la corrispondenza da Brasilia fosse sempre centrale. Il che voleva dire più importante di Buenos Aires e Washington, mica poco. Penso che una corrispondenza stabile da Brasilia (da Brasilia, non da Copacabana, Rocco Cotroneo!) sarebbe utilissima anche per i media italiani, e non solo per la politica. Forse non è indispensabile, ma non sono sicuro che Brasilia sia meno importante di Londra nel XXI secolo. O volete dire che il Brasile offra meno occasioni di colore della Gran Bretagna?
Negli ultimi anni, emmenomale, molte testate sono sbarcate a Pechino. Ebbene, per capire il mondo del XXI secolo Nuova Delhi è importante quanto Pechino. E’ ora di mandarci qualcuno o sfruttare chi c’è già. E invece dobbiamo ancora leggerci l’ottimo blog dell’indonapoletano Nello del Gatto (il “chi c’è già” di cui sopra).
Ciò se si vogliono allocare risorse limitate per informare in maniera onesta ed opportuna. Se invece si vuole disinformare facendo finta che il mondo sia immutabile e che l’India sia ancora una colonia britannica, allora si propina al pubblico la regina.
Capisco che a Londra si viva bene, ma perchè quando a sorpresa Barak Obama è sbarcato a Kabul, spiegando che l’Afghanistan è lo scacchiere chiave della politica estera (e bellica ahinoi) di un suo eventuale prossimo governo, non si è trovato praticamente nessun giornalista italiano ad aspettarlo alla stazione?