Un nuovo spettro si aggira per l’Europa, la rossa primavera del “Partito di Landini” (PdL?), l’ennesima speranza (dopo Bertinotti, Vendola, Ingroia, Tsipras…) di un’area politica coventrizzata negli ultimi vent’anni nell’ordine dal Piddì, da oggettive difficoltà storiche e dalle proprie insipienze.
Pensi a questo truppone di molte buone ragioni politiche e troppi esuli (da Rosi Bindi a Marco Ferrando?), e ti senti mancare.
E sogni che l’ottimo Maurizio Landini ‘preferisca di no’ e si neghi a chi lo spinge all’ennesima penultima spiaggia, figlia dello stesso errore di prospettiva, che finisce per essere supina culturalmente allo stesso modello sociale che vorrebbe criticare.
Landini sarebbe infatti chiamato (da chi?) a capo di un’entità che, per l’ennesima volta, partirebbe dal leader invece che dalla base, scegliendone (otra vez!) uno che può vantare, come in certe pubblicità di terz’ordine, l’unico bollino di qualità riconosciuto oggi dal mercato: «visto in tivù».