Che cafona Chiara Di Domenico (foto), la precaria accusata di aver fatto nomi e cognomi sul fatto che l’erede di Pietro Ichino Giulia si sia piazzata in Mondadori in un’età nella quale i suoi coetanei son troppo giovani anche per spillare birra in un pub. Che cafona Chiara a ricordare che, dal tempo dei Borgia, il nepotismo è uno dei mali endemici dell’Italia.
Non sa Chiara che cattolicamente si dice il peccato ma non il peccatore e che se i pochi posti nel collegio universitario sono occupati (per reddito) dal figlio dell’avvocato tale e dalla figlia del farmacista talaltro la miglior virtù della (benestante, in proporzione fiscale) figlia dell’operaio è la cristiana rassegnazione. Poi si sa che in genere i figli di papà hanno una marcia in più, soprattutto quelli di papà colto e (vagamente) progre. In positivo: hanno trovato libri in casa, hanno viaggiato, hanno visitato mostre, si sono confrontati ancora bambini e adolescenti con cospicui amici di famiglia, hanno ricevuto gratis lezioni che ai loro coetanei costano anni e che contribuiscono in maniera esiziale a mantenere il cartello “guasto” appeso da decenni sull’ascensore sociale italiano. In negativo: sono parte delle élite di un paese culturalmente limitato, ne sanguisugano tutti i benefici come i figli della più becera destra e non sono disposti a mollare l’osso perpetuando da classe dirigente quale sono il sistema castale vigente.
Il problema non è se Giulia Ichino abbia o non abbia una marcia in più. Ce l’ha con ogni probabilità. Il problema è chi ha costretto Chiara a correre col freno a mano tirato per permettere a Giulia di «miracol mostrare» e perpetuare gerarchie classiste che devono restare immutabili a garanzia dell’ordine sociale esistente. Il problema è che quando le mille Chiara anonime riescono a orientarsi nella corsa a ostacoli alla quale è sottoposto chi è figlio di nessuno, i posti migliori (o i posti tout court) sono già stati occupati -ovviamente a tempo indeterminato- dalle Giulia figlia di. E allora non è affatto un caso, e non è affatto uno scandalo denunciarlo facendo nomi, che proprio la figlia di uno dei principali teorici della precarietà sociale a vita di generazioni intere di non garantiti si sia “sistemata” così giovane. Bravi devono essere tutti, ma i più, per quanto bravi, sono destinati dal modello economico vigente ad andare di cococò in cococò tutta la vita, fuggire all’estero, avvizzirsi in lavori sottopagati e sottomansionati. È così offensivo, eversivo, parlarne in campagna elettorale? Come ha chiosato la polemica Eugenio Angelillo, uno degli “influencer” di chi scrive e non importa se è sconosciuto ai più, parafrasando una frase più volgare: «sono tutti flessibili con i figli degli altri».
Intanto i cosiddetti influencer in Rete, che poi sono il mainstream di sempre, facevano muro per poi amplificarsi la voce a vicenda contro la plebaglia che osa tirare in ballo «per invidia sociale» la figlia del dottore. Toni ottocenteschi. Nelle ultime ore Chiara la cafona (e per interposta persona Pierluigi Bersani, il figlio del benzinaro che ha osato abbracciarla) sono stati linciati metodicamente dalla casta mediatica monopolista. Da Lucia Annunziata che attraverso il suo HP s’è addirittura inventata un effetto boomerang contro il PD per quell’abbraccio a Gianni Riotta, da Pierluigi Battista ad Andrea Romano a Luca Sofri che teorizza addirittura la “ritorsione” verso il papà traditore, hanno esercitato il loro eterno squadrismo mediatico in soccorso della vincitrice. Decine di altri si sono affrettati a ritwittare applaudendo i gerarchi dai quali spesso dipende il loro contratto a progetto. Fabrizio Rondolino s’è sentito in diritto di insultare apertamente Chiara di Domenico dandole -va da sé, non conoscendola- dell’ “inetta”: la precaria inetta insulta (insulta?) la ragazza di buona famiglia (la famiglia di Chiara, ça va sans dire, è cattiva) per rancore sociale. Eccoli lì al dunque: i tutori dell’ordine (mediatico e sociale) manganellano tutti insieme chi ha osato per un momento ricordare la questione sociale in questa campagna elettorale e per ribadire che viviamo nel migliore dei mondi possibili. Io sto con Chiara.