La notizia non è recentissima ma vale la pena tornarci al momento dell’uscita del documentario “Por qué quebró McDonald´s en Bolivia” (Perché McDonald’s è fallito in Bolivia) che ne spiega i motivi e del quale è possibile vedere un trailer qui. McDonald’s ha abbandonato gli ultimi otto “ristoranti” a La Paz, Cochabamba e Santa Cruz e lasciato la Bolivia. Di fronte al completo fallimento dell’ultima multimilionaria campagna pubblicitaria che tentava di rilanciare l’immagine della nota catena di cibo spazzatura, e ai molteplici tentativi di bolivianizzare sapori e ambienti, la soluzione intrapresa della multinazionale è stata la rinuncia completa a quel mercato.
Finisce così dopo 14 anni la sempre traballante storia di Mc Donald’s negli altipiani andini. È il primo paese d’America che viene abbandonato dalla catena dopo dieci anni consecutivi di perdite. L’apertura nella seconda metà degli anni ‘90, piena notte neoliberale, vide appena sei mesi di bonanza, con code alle entrate e locali sempre pieni. Smaltita la novità i boliviani –anche per l’inadeguatezza dei prezzi in un paese dove il cibo resta molto economico- cominciarono a disinteressarsi totalmente al prodotto e indifferenti alle imponenti campagne di marketing.
Oggi in un documentario, “Por qué quebró McDonald´s en Bolivia” (Perché McDonald’s è fallito in Bolivia) molteplici interviste spiegano il perché McDonald’s ai boliviani non è mai piaciuto. Non spiega tutto la grande coscienza dell’impatto ambientale, sindacale, umano, verso il tema, in un paese dove i movimenti sociali esprimono la maggioranza di governo. McDonald’s, per capirci, non è rifiutato per motivi politici ma per più sedimentati motivi culturali. In sintesi l’ideologia del fast-food sarebbe l’antitesi della naturale cultura dello slow food boliviana, dove il tempo di preparazione, e la condivisione di questo, è tanto importante come l’atto del mangiare in sé. I boliviani, neanche i giovani, nei locali della catena non si sentirebbero a loro agio.
Evidentemente il caso boliviano non fa di per sé scuola. In altri paesi, come il Messico (il secondo per obesità al mondo dopo gli Stati Uniti) o il Venezuela, il cibo spazzatura, McDonald’s e non, continua a dominare. Sarebbero più di 1000 i McDonald’s in Messico, 480 in Brasile, quasi 200 in Argentina, 180 in Venezuela, un centinaio in Colombia, 55 in Cile, 20 in Perù (un numero più basso rispetto alla media di popolazione da far pensare ad una situazione preboliviana), 19 in Ecuador, altrettanti in Uruguay, 7 in Paraguay.
Nel mondo i “ristoranti” McDonald’s sono più di 25.000 dei quali oltre la metà negli Stati Uniti. In Italia sono circa 400 e almeno altri due paesi, l’Iran e l’Islanda, oltre alla Bolivia, sono stati abbandonati dalla catena in tempi e per motivi diversi. Il caso boliviano di scarsa appetibilità di un prodotto costruito per essere appetibile ben al di là di qualità e altre considerazioni sociali, è però unico. Il fatto che nel mondo della globalizzazione neoliberale, del pensiero unico e del consumo unico, uno dei simboli del totalitarismo mercatista chiuda per il semplice disinteresse di un popolo ad acquistare quel prodotto, è una buona notizia.