Potremmo chiamarlo “effetto king Giorgio” e, al netto di ogni critica alla manovra Monti [che chi scrive non lesina nella coscienza che un’altra manovra fosse possibile], bisogna notare che da quando Giorgio Napolitano è riuscito a liberarci del satrapo lombardo (chiamatelo colpo di palazzo, e allora?) lo spread tra BTP e Bund è calato di circa 200 punti, da circa 560 a circa 360 punti.
A regime –ovvero se dovesse consolidarsi nel tempo- tale calo corrisponde a una somma tra 32 e 36 miliardi di Euro di risparmio (dai 16 ai 18 miliardi ogni cento punti), una somma superiore all’intera manovra di Mario Monti. È evidente che un ulteriore consolidamento, che porti lo spread tra i 150 e i 200 punti significherebbe un’ulteriore boccata di ossigeno che è probabilmente la differenza tra il baratro e la sopravvivenza dell’Italia nell’Euro.
Tale lettura fa segnare un punto ad una delle due letture della crisi esistente, quella “italo-italiana”, per la quale il fattore Berlusconi era di gran lunga quello più importante nel precipitare degli eventi e che il suo allontanamento dal potere bastasse in sé. Tale lettura è parziale e va inserita all’interno della crisi di lungo periodo della repubblica dagli anni ‘80 in avanti che, se trova in Berlusconi la metastasi più grave non può evidentemente solo a lui ricondursi. Sussiste però anche un’altra lettura, quella globale degli eventi, per la quale la caduta del re di bunga bunga è solo un dettaglio in un corso irreversibile verso la caduta dell’Euro e forse un caos mondiale provocato dal modello neoliberale.
Chi scrive tende a vedere una serie di concause, a non disdegnare l’effetto benefico dell’allontanamento da Palazzo Chigi di Berlusconi e del suo circo, ma nella chiarezza delle responsabilità globali del neoliberismo tuttora al governo in Italia col Prof. Monti.
Quel che è certo, però, è che King Giorgio ha fatto il suo…