La Rete della Conoscenza, dopo l’intervista nella quale il Ministro Gelmini ammette per la prima volta che ci sono stati tagli e che questi fossero sbagliati pone dieci domande al Ministro. È interessante condividerle il più possibile.
La faccia tosta della ministra Gelmini ha dell’incredibile. Nell’intervista di oggi a Repubblica, insieme a un’autocritica davvero oltre i limiti del ridicolo, la nostra ministra “preferita” riesce a mettere in fila delle perle non da poco: l’economia definita “un ragionamento più grande di me”, i dati sulle bocciature che “a me sembrano in crescita, ma su due piedi non riesco a darle conferma”, il tunnel tra Cern e Gran Sasso che “so che non esiste, ho visitato il Cern e non ho visto tunnel”.
Ma non è il livello culturale imbarazzante della nostra ministra per l’istruzione, l’università e la ricerca a preoccuparci, bensì la sua attitudine a continuare a mentire sapendo di mentire: nell’intervista di oggi, afferma “basta, i tagli sono finiti. […] Stiamo già investendo, in verità, […] Nella legge di stabilità ci saranno 100 milioni per le borse di studio universitarie”.
L’affermazione di per sé sarebbe in ogni caso ridicola: dopo aver tagliato ben 569,5 milioni di euro negli ultimi 3 anni al fondo di finanziamento ordinario delle università (a cui si aggiungono quelli alla scuola), non ci sarebbe da vantarsi a mettere fine ai tagli. Semplicemente, non c’è più niente da tagliare.
Eppure, in ogni caso, non è così. La ministra sta continuando a tagliare: la legge 133/2008 prevede altri due scaglioni, che toglieranno alle università altri 417 milioni per il 2012 e 455 per il 2013.
Ma la bufala più grande è quella sulle borse di studio: i 100 milioni di euro che la ministra promette di investire non sono che la minima parte di quelli che ha già tagliato. Nel 2009 il fondo per il diritto allo studio era di 246 milioni di euro, e già non bastava per coprire (unico caso in Europa) neanche gli studenti che erano considerati idonei per legge. Quel fondo è stato ridotto a 99 milioni nel 2010 e a 26 milioni nel 2011. Quest’ultimo dato è stato poi corretto dopo le gigantesche mobilitazioni dello scorso anno, ma era un’una tantum, quindi da lì si riparte: i 100 milioni che la ministra promette non sono altro che una piccolissima parte di quelli che lei stessa ha già tagliato, e non basteranno neanche a farci tornare ai livelli (assolutamente insufficienti, i più bassi dell’intera Ocse) a cui eravamo 3 anni fa.
Con che faccia, ministra Gelmini, viene a chiederci di dialogare, dopo che per 3 anni ha chiuso le porte in faccia sia alle nostre proteste (dall’Onda del 2008 al gigantesco movimento dello scorso anno) sia alle nostre proposte (leggibili su www.altrariforma.it)? Con che faccia, ministra Gelmini, viene a chiederci di dialogare, mentre continua a mentire e truccare i numeri?
Cara ministra, se lei volesse davvero un dialogo con noi (che noi non abbiamo mai rifiutato), farebbe 10 semplicissime cose, per dimostrare che non ci sta prendendo in giro:
1) Perché non sospende l’iter di attuazione della riforma dell’università? L’ultima parola sugli statuti spetta al ministero, lei potrebbe tranquillamente fermarli e rimettere tutto in discussione.
2) Perché non sottopone quella riforma a un referendum democratico tra tutte le componenti della comunità accademica? Se, come lei dice, questa riforma fa gli interessi degli studenti e a protestare è una minoranza politicizzata, non dovrebbe avere preoccupazioni sull’esito…
3) Perché non chiede al parlamento di abrogare la legge 133/2008? Se, come lei dice, “i tagli sono finiti”, non sarebbe il caso di farli finire sul serio?
4) Perché non presenta una proposta di legge quadro sul diritto allo studio che fissi i livelli essenziali delle prestazioni che le Regioni devono rispettare, come previsto dalla Costituzione? Se non sa cosa scriverci, non c’è problemi, può copiare dawww.altrariforma.it
5) Perché non interrompe il piano di riduzione del personale che sta abbattendo drasticamente la qualità della didattica delle nostre scuole, impedendo ogni innovazione, ogni rapporto studente-decente, ogni sperimentazione, e costringendoci a stare in 30 per classe in aule che cadono a pezzi?
6) Perché non chiede a Maroni e Alemanno di revocare la zona rossa intorno al centro storico di Roma? L’Italia è l’unico paese d’Europa in cui è proibito manifestare sotto i palazzi delle istituzioni. Che dialogo vuole, se non ci permettete neanche di avvicinarci senza schierare plotoni di polizia?
7) Perché non finanzia la legge 23/1996 sulla messa in sicurezza degli edifici scolastici? Non chiediamo niente di straordinario, solo di rispettare la legge: il 40% delle nostre scuole non ha l’idoneità statica.
8) Perché non sospende i finanziamenti alle scuole private, un privilegio ancora più odioso in questo momento di crisi? Se mancano i soldi per tutti, come mai a noi arrivano i tagli e ai figli di papà i fondi?
9) Perché non propone uno statuto dei diritti degli studenti in stage (tranquilla, l’abbiamo già pronto, può copiare anche quello), per dare tutele e garanzie agli studenti inseriti in questi percorsi?
10) Infine, cara ministra: perché non ci ascolta? Perché da anni non solo rifiuta di confrontarsi con il movimento studentesco, ma ha anche smesso di presentarsi nelle scuole e nelle università, per non essere contestata? Come può essere credibile una richiesta di dialogo se non esce dal suo palazzo?
Insomma, cara ministra, se lei volesse davvero ammettere di avere sbagliato, come ha scritto oggi Repubblica, potrebbe fare una cosa semplice semplice: cancellare tutti gli errori che ha fatto in questi 3 anni, abrogare le leggi, restituire i soldi tagliati, sospendere gli iter di riforma, e poi, quando la situazione sarà tornata quella pre-2008, potremo discutere tutti insieme di come cambiare una scuola e un’università che a noi di certo non vanno bene così come stanno.
Se non farà questo, vorrà dire che la sua autocritica è falsa come il suo tunnel. E il confronto con noi sarà nelle strade e nelle piazze di questo autunno di mobilitazione, per ribadire la nostra richiesta di dimissioni per lei e per tutto il suo governo.