Per il quotidiano britannico Guardian la leader del movimento studentesco cileno Camila Vallejo che sta mettendo in seria difficoltà il governo neoliberale del miliardario Sebastián Piñera –l’80% degli impiegati pubblici avrebbe aderito allo sciopero generale di ieri- sarebbe il più affascinante dirigente politico in America latina dall’apparizione sulla scena del Subcomandante Marcos nel Messico zapatista del 1994.
Evidentemente l’articolista, tale Jonathan Franklin, ha perso la testa per la bella Camila (del resto anche il vicepresidente boliviano Álvaro García Linera se n’è dichiarato innamorato) e ha voluto far parlare del suo viaggio nella gelida Santiago d’agosto facendo un salto logico rispetto ad un continente dove di leader e movimenti di massa, dall’epoca degli zapatisti, ne sono sorti a dozzine nell’ignoranza più totale della stampa europea che ha sempre preferito evitare di fare i conti con una realtà, quella latinoamericana, dove da almeno un decennio si sta lottando contro il modello neoliberale che, imposto con il sangue dei desaparecidos dalle dittature militari, ha fatto perdere 30 anni di cammino democratico al Continente.
Intendiamoci, Camila Vallejo è uno straordinario personaggio. Neanche 23 anni, geografa, oggettivamente molto bella, dichiaratamente comunista per quanto la cosa possa apparire scandalosa, straordinariamente fluente nell’eloquio, chiara e radicale nel ragionamento politico, sa perfettamente di bucare lo schermo. E lo dichiara: dichiara apertamente di usare il proprio fascino per accedere a mezzi di comunicazione dove da 38 anni –ovvero dall’11 settembre- nessun dirigente politico comunista aveva più avuto il diritto di parlare. Parole d’ordine come “non vogliamo migliorare il sistema, vogliamo cambiarlo completamente” in Cile non avevano più diritto di cittadinanza dal tempo di Unidad Popular e grandi leader della sinistra, penso a Gladys Marín, avevano subito anche dopo la fine della dittatura pinochetista l’ostracismo più totale.
Dunque è l’America latina ad andare avanti continuando a produrre straordinarie figure di donne militanti cantate dai poeti, dall’Anaclara di Daniel Viglietti alla guerrigliera cantata da Gioconda Belli che percorrono le strade del Continente ribelle lottando fianco a fianco con i loro compagni. E allora l’articolo del Guardian va interpretato in un’altra maniera dal ridicolo vuoto individuato dall’inglese se tra Marcos e Camila scorrono le figure di decine di dirigenti e milioni di militanti.
Adesso che in poche settimane l’account twitter di Camila @camila_vallejo si è permesso il lusso di superare quello del Governo @GobiernodeChile (184.000 a 180.000, erano appena 10.000 due mesi fa) è possibile scorrere i quasi 18 anni che ci separano dall’Alba zapatista in una crescita continua di esperienze che hanno portato l’America latina integrazionista a rompere con la “fine della storia” neoliberale. Se gli zapatisti erano il primo fuoco, la prima dignità ad insorgere pubblicamente contro il modello che sembrava aver vinto per mille anni a venire, oggi gli studenti cileni stanno rompendo l’ultimo argine e stanno riaprendo le grandi alamedas dove nell’ultimo discorso Salvador Allende vedeva passare l’umanità libera.
Insomma, avete scoperto che Camila è bella? Non è una velina. Ascoltatela.