E chi ti dà il diritto di discernere il falso dal vero?

Le cose che ho scritto su Lassini martedì mattina, che alla sera erano state perfino amplificate dall’evolversi degli eventi, hanno provocato una serie di reazioni che riassumo con il titolo che ho dato a questo post: “E chi ti dà il diritto di discernere il falso dal vero?” In maniera amichevole in qualche caso, più spesso brusca, varie persone mi hanno fatto notare che considerano sempre prevalente la libertà d’espressione rispetto ad un inesistente diritto a discernere il falso dal vero da me evocato.

Lungi da me mettere in dubbio la libertà d’espressione ma, soprattutto, chi ha detto che è un diritto discernere il falso dal vero? E’ un dovere! E’ un dovere distinguere chi mente da chi dice la verità. E’ un dovere separare l’onesto dal disonesto. E’ un dovere dire la propria. Non perché si sia il padreterno nell’apocalisse di San Giovanni. L’ignavia del non mettersi, del non esporsi, del non prendere posizione è complicità. Ricordo lunghissime discussioni con specializzandi della SSIS che si trinceravano a volte in un terzismo esasperante nel quale un malinteso pregiudiziale dovere di terzietà li portava ad abiurare al loro dovere di docenti. Non si può essere equidistanti tra torturato e torturatore, tra vittima e carnefice, tra razzista e vittima di razzismo, tra fascismo e antifascismo.

La libertà d’espressione comporta anche l’assumersi la responsabilità di quello che si dice. Altrimenti è l’Italia di Berlusconi dove è ammesso il “rutto libero”, come nel caso di Lassini che –non avendo ammesso che parlasse per iperbole-  ha affermato una cosa dimostrabilmente falsa e denigratoria e, anche laddove non vi fossero stati profili penali nelle sue affermazioni, ha –ed è dovere dirlo- affisso un manifesto perlappunto menzognero e diffamatorio. E chi mente, diffama e denigra, anche se non commette reati, non è bene ricopra cariche pubbliche. Ed è bene che ci si prenda il diritto/dovere di ricordarlo.