Stamane né Libero né il Giornale, così soliti a scandalizzarsi per uno starnuto di Niki Vendola o Clemente Mastella, avevano in prima pagina una sola riga sul caso del giorno.
Sia Libero che il Giornale sono indifferenti all’oscena morte medievale, affogati nell’olio bollente (per dare un nome alla rosa), nel pieno centro dell’olimpica Torino postindustriale e postmoderna, di quattro operai che lavoravano in condizioni per descrivere le quali bastano gli scritti su Manchester a metà ‘800 di un signore fuorimoda con la barba.
Turni di sedici (16!) ore di lavoro, sindacati assenti e distratti, ricatti continui, lotta per difendere il posto, sicurezza infima e violata nelle più elementari norme, con la sola differenza che le leggi, a Manchester nell’800, non c’erano, mentre adesso, dopo 150 anni di storia del movimento operaio, ci sono ma sono tranquillamente evase. Dai padroni che le chiamano
“lacci e lacciuoli”, e che le pensano come costi. E se la sicurezza è un costo dobbiamo dedurre che nel loro linguaggio allora i morti sul lavoro siano, come direbbe George Bush, “danni collaterali”.
I grandi giornali, il Corriere della Sera, La Repubblica, ovviamente La Stampa, con un buon fondo dell’ottimo Massimo Gramellini, hanno capito di non potere evitare, almeno per oggi di parlarne. Troppo grave è la tragedia di Torino alla quale si sono affiancati da un altro morto alla Fiat di Cassino e un altro ancora in un cantiere edile in Irpinia. I grandi giornali hanno aperto ma altri giornali (Il Resto del Carlino, per esempio), se ne fottono e hanno tenuto il gioco alla stampa patronale (per parlare antico) e hanno aperto ancora con la succulenta Meredith.
Ma chi può scandalizzarsi del pessimo Carlino se sono i padroni che non vogliono che se ne parli. Come testimoniano le foto, Il Sole24Ore, il quotidiano della Confindustria che a destra e a manca, soprattutto (tristemente) a manca, viene considerato il più autorevole quotidiano italiano, l’unico di livello europeo brilla per un understatement che sfiora la disinformazione piena: due righe tra le brevi in prima e un articoluccio in taglio medio su tre colonne perse giù in fondo, a pagina 19. Due righe tra le brevi e un fetente articoluccio a p. 19 che è in realtà un’intervista al vicepresidente della Confindustria medesima, Andrea Pininfarina per difendere l’operato della stessa, equivalgono ad informazione negata, alla violazione dell’elementare diritto ad essere informati in maniera onesta.
Chi ha letto Gomorra, si è potuto beare a pensare che le condizioni di lavoro descritte da Roberto Saviano fossero confinate al far west dell’hinterland napoletano. Chi scrive, come fa anche con ben più risonanza Saviano, da anni pensa e scrive che l’hinterland napoletano sia la parte più moderna d’Italia.
Sia l’unica o tra le poche dove il capitalismo neoliberale si sia potuto davvero liberare in tutti i suoi istinti animali e produrre ricchezza vera e dove i morti nei cantieri, o quelli che semplicemente si ribellano, possono essere abbandonati in una discarica senza tante storie.
Droga (la grande droga, quella che muove miliardi di Euro) o edilizia, rifiuti tossici o acciaio, Torino viene dietro ma, come dimostra la ThyssenKrupp, ha una gran voglia di rifarsi. O davvero credete che i padroni delle ferriere ThyssenKrupp abbiano più coscienza civile di un capoclan camorrista di Casal di Principe? Credete davvero ci sia differenza se i soldi si fanno con la coca o bollendo nell’olio gli operai perché si è scelto a monte di avere in totale spregio la sicurezza di questi? Ricordate il Petrolchimico di Porto Marghera? E’ stato processualmente dimostrato che per decenni i dirigenti di Enichem e Montedison sapevano perfettamente di mandare gli operai a morire di cancro da cloruro di vinile. Ne hanno mandati a morte almeno 159.
Risultano oggi meno sibilline le parole di Giulio Tremonti quando, da ministro dell’economia di Silvio Berlusconi, si lamentava della Cina. Come possiamo competere col gigante asiatico se loro non hanno i sindacati, se loro non rispettano alcuna misura di sicurezza, se pagano stipendi di fame e non hanno regole, gridava acidulamente Tremonti in ogni consesso con i confindustriali e gli editorialisti prezzolati a spellarsi le mani. Qualche ingenuo pensava che Tremonti volesse imporre i sindacati nelle aree speciali della Cina, che fosse interessato a imporre condizioni di vita degne ai lavoratori cinesi. E invece no, Tremonti, Luca di Montezemolo, Innocenzo Cipolletta la Cina la volevano tra noi, nell’aversano come nel centro di Torino. E’ il mercato, bellezza, il resto sono chiacchiere o danni collaterali.