Più di un milione, metà irregolari, assistono gli anziani. Se non ci fossero, alla Sanità costerebbe ogni anno 45 miliardi di euro
RAFFAELLO MASCI
ROMA
Quella di badante sta diventando una delle professioni più diffuse in Italia, dato che riguarda un milione e centomila persone, donne per l’87 per cento e straniere per il 79. Un fenomeno gigantesco e capillarmente diffuso sia pur con una concentrazione maggiore al centro-nord (solo in Lombardia ce ne sono 100 mila). Sono, evidentemente, le carenze del welfare a indurre l’esponenziale crescita di questa figura (in Danimarca, per dire, le badanti praticamente non esistono), ma comunque così stanno le cose e quindi minacciare la regolare presenza di queste signore nelle nostre famiglie, come rischia di fare la nuova legge sulla sicurezza e l’immigrazione, può suscitare un’ondata di panico.
Le badanti regolari in Italia sono oggi circa 600 mila, le irregolari sono invece stimate unanimemente sia da Acli che dalla Caritas in «almeno» altre 500 mila (ma forse sono di più). Che la richiesta sia stata altissima negli ultimi anni lo rivelano peraltro le domande di regolarizzazione: nel 2006, per esempio, a fronte di 170 mila permessi di ingresso indicati dal decreto flussi, ci furono 540 domande, metà solo per le badanti. La pressione sul governo fu tale che subito si aggiunsero altri 350 mila permessi. Si pensava così di aver posto un argine al fenomeno, invece nel 2007, sempre a fronte di 170 mila permessi, le domande furono 744 mila di cui 420 mila solo per le badanti. Quell’anno, però, il governo tirò dritto e 574 mila immigrati irregolari (badanti per la maggior parte) restarono fuori. A pochissimo servì un ulteriore decreto flussi per 150 mila persone nel 2008. Nel frattempo il numero delle richieste di assistenza domiciliare da parte delle famiglie, continua a crescere, da qui la stima prudenziale delle 500 mila clandestine. «Con ogni probabilità – dice Franco Pittau, coordinatore del dossier statistico sull’immigrazione, della Caritas – stiamo veleggiando verso quota 700 mila badanti irregolari. Che vengono soprattutto dai paesi dell’Est, dal Sud America e dalle Filippine, normalmente non con i barconi, ma seguendo le normali vie del turismo: arrivano, insomma, e non ripartono».
Tra quelle regolari la nazionalità più consistente è costituita dalle romene «comunitarie» che sono il 20%, seguite da un 12% di ucraine, un 9% di filippine, un 6% di moldave e via via percentuali inferiori di peruviane, equadoregne, polacche eccetera. Molte di queste persone, specialmente dell’Est, si trovano molto bene sia in Italia che nelle famiglie presso cui lavorano, al punto che sono diventati ormai 30 mila i matrimoni tra badante e badato. La legge sulla sicurezza vuole mettere un po’ d’ordine anche in questo, per evitare raggiri che frutterebbero alle mogli-badanti una cittadinanza e anche una pensione di reversibilità una volta vedove. Qualcuna ci marcia, dunque, e tuttavia lo Stato, secondo l’associazione dei consumatori Adoc, dovrebbe stare attento a infierire su questa categoria di lavoratrici, dato che «fanno risparmiare al Tesoro almeno 45 miliardi», tanto – infatti – costerebbe assistere gli anziani “badati” all’interno di strutture pubbliche. Senza dire che la regolarizzazione di 500 mila badanti comporterebbe «un gettito fiscale e contributivo di almeno 800 milioni».
«Sono una presenza fondamentale nel nostro tessuto sociale – dice Vilma Mazzocco, presidente di Federsolidarietà, la federazione di Confcooperative che raccoglie 5.500 aziende attive nel sociale – e il futuro della professione di badante passa attraverso due parole: “regolarizzare” e “organizzare”. Facendo, per esempio, sorgere delle cooperative di servizi alla famiglia a cui il cliente può chiedere una persona referenziata e a cui la lavoratrice può aderire sapendo che sarà pagata il giusto e avrà tutti i suoi diritti. La professione, insomma, è diventata troppo vasta perché possa essere lasciata in questo stato tra il naïf e la clandestinità. Se si potesse, per intanto, applicare alle badanti il contratto già attivo per le colf, sarebbe un primo passo importante».
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