Oggi, o al massimo domani, Francisco Ramírez Acuña sarà nominato Ministro dell’Interno in Messico. Sul suo capo pendono 640 denunce per tortura e un odio viscerale per i giovani. Quindi per Felipe Calderón, che s’insedierà il primo dicembre, è l’uomo giusto al posto giusto.
GUADALAJARA – Mentre a Oaxaca si galoppa verso il punto di non ritorno, tre giorni fa, lo scrittore Paco Ignacio Taibo II, ha raccontato a chi scrive un episodio dell’ultima campagna elettorale messicana, che sembra preso di peso dalla storia del 18 aprile 1948 in Italia. Nello stato di Jalisco, governato da 12 anni dal PAN, in 450 parrocchie, si sono trovate almeno due persone che hanno sottoscritto denunce contro i parroci che hanno fatto apertamente campagna elettorale contro Andrés Manuel López Obrador: “in tutte le denunce -dice Taibo II- i parroci hanno affermato che AMLO sarebbe andato a levare le scarpe ai bambini dei parrocchiani”.
Al di sopra dei parroci c’erano di concerto la curia di Guadalajara -la regione più conservatrice del paese- e il governatore dello Stato Jalisco, del quale Guadalajara è capitale, Francisco Ramírez Acuña (nella foto con Vicente Fox).
È quello stesso Ramírez Acuña che il 28 maggio 2004 lanciò Felipe Calderón come precandidato alla Presidenza e che oggi, con la nomina a Ministro dell’Interno, passa all’incasso di quell’assegno in bianco. In quelle stesse ore, il dettaglio é particolarmente sinistro, un centinaio di ragazze e ragazzi venivano torturati nella Bolzaneto di Guadalajara.
Furono giorni eccitanti per Ramírez Acuña. A Guadalajara -la stupenda capitale della Tequila- si teneva il vertice euroamericano. Tra gli altri andarono Romano Prodi come commissario europeo e Franco Frattini, all’epoca Ministro degli Esteri di Silvio Berlusconi. Ramírez Acuña si vantò pubblicamente di avere infiltrato i manifestanti che protestavano contro quel vertice per provocare incidenti tra i manifestanti pacifici, capeggiati dal futuro presidente boliviano Evo Morales, e la polizia.
Ma il meglio doveva ancora arrivare, lo ricorda Jaime Áviles, inviato de La Jornada: la sera dopo gli scontri Ramírez Acuña ordinò “voglio cento detenuti, subito!”
Come nella Roma occupata, decine di camionette percorsero la città a razziare giovani. Furono presi per i capelli dai ristoranti, dai giardini, dai bar, fino a raggiungere il numero richiesto dal Kesserling di Jalisco. Un ragazzo di Monterrey fu sequestrato direttamente dalla Croce Rossa dove era arrivato coperto di sangue.
Ragazze e ragazzi furono portati in un sottoscala della direzione alla sicurezza. Le donne furono denudate e abusate sessualmente, gli uomini furono picchiati selvaggiamente. La mattina dopo la metà fu liberata, e l’altra metà fu ancora torturata fino a firmare confessioni fantasiose per crimini mai commessi per le quali -conclude Áviles- alcuni furono tenuti in carcere per un anno e altri pagarono multe astronomiche.
Quello del vertice del 2004, è solo uno degli episodi sinistri nei quali fu coinvolto Ramírez Acuña. Già nel 1999 un detenuto per presunti crimini comuni morì sotto tortura. Nel 2002, un una località isolata, si teneva un rave che radunava migliaia di giovani. Con la scusa della presenza di droga, nella retata ne furono detenuti 1.500. La Commissione Statale per i Diritti Umani (CEDH) afferma che le detenzioni furono arbitrarie e che il trattamento dei giovani fu crudele, inumano e degradante.
Proprio la CEDH denuncia che il Governatore Ramírez Acuña è stato l’uomo chiave nel permettere e proteggere garantendo l’impunità per almeno 640 casi di tortura certificati in Jalisco tra il 2001 e il 2005, anno nel quale si arrivò al record di 132 denunce per tortura. Secondo la CEDH -sempre ignorata da Ramírez Acuña- il dato non definitivo del 2006 sicuramente supererà tale record. Di nuovo, in particolare, i rapporti che condannano Ramírez Acuña parlano di “persistente intolleranza verso le manifestazioni giovanili e l’esercizio, da parte dei giovani, di diritti civili e politici”. Durante il suo governatorato “installò un’ideologia morale piena di pregiudizi sui giovani, le loro forme di espressione e identità, i loro diritti”. Cinquantasei organizzazioni per i diritti umani -Tra queste Amnistia Internazionale e Human Rights Watch- si sono già espresse contro la nomina di Ramírez Acuña per fatti così gravi che lo rendono incompatibile per ogni incarico pubblico.
Questo campione della riconciliazione e della tolleranza è stato scelto da Felipe Calderón e dagli interessi che maneggiano come un’opera dei pupi il suo governo clerical-confindustriale come nuovo Ministro dell’Interno. Più chiaro di cosí il segnale del nuovo governo ai mille conflitti sociali che tormentano il Messico non poteva essere: repressione, mano dura, tortura. Il Messico è ad un passo da una svolta autoritaria.