Bush lo ha voluto ed è legge. Il muro che divide l’America in due sarà ampliato a 1.226 km di cemento, metallo e torrette ipertecnologiche per una faraonica commessa da 9 miliardi di dollari a beneficio del complesso militare-industriale statunitense. Il confine tra Stati Uniti e Messico -violato la scorsa settimana dal Subcomandante Marcos- causerà ancora più lutti e tragedie. In appena un decennio i Vopos a guardia della frontiera statunitense hanno infatti ammazzato almeno 500 cittadini, mentre altri 4.000 sono morti di stenti. Perfino il presidente messicano uscente, Vicente Fox, definisce il muro “vergognoso”.
John F. Kennedy, in quanto presidente degli Stati Uniti d’America, e capo del “mondo libero”, andò a Berlino a dire “Ich bin berliner”, “io sono berlinese”, quando i sovietici nel 1961 costruirono il muro. Oggi, in uno scatto etico, sarebbe necessario andare a Washington a gridare “Ich bin Mexikaner”, “I am Mexican”, “yo soy Mexicano”, “io sono messicano”.
Il muro di Berlino divise il continente europeo in maniera simbolica (salvo che a Berlino dove la divisione era materiale) tra Est ed Ovest dal 1961 al 1989. I neoconservatori al potere negli Stati Uniti, nella persona di un successore di Kennedy, George W Bush, hanno preteso un muro che oggi divide fisicamente e non solo simbolicamente un intero continente, quello americano, in un senso al passo con i tempi: Nord-Sud. Messico e Stati Uniti, divisi da un muro di 1.226 km, sono legati dal 1994 da un mercato comune, il NAFTA. Tale accordo, permette la più ampia circolazione di merci e la minima circolazione, almeno in senso Sud-Nord, di cittadini. Essendo il NAFTA un mercato comune con caratteristiche simili all’Unione Europea è come se dentro l’Area Schengen, la Francia costruisse un muro per impedire agli italiani di passare la frontiera.
Il muro preesistente è di 112 km, soprattutto tra Tijuana e San Diego. Nell’ultimo decennio almeno 500 persone vi sono state assassinate -nel silenzio assordante del sistema mediatico- dai Vopos statunitensi a guardia della frontiera degli Stati Uniti. I giustamente esecrabili Vopos della polizia della DDR, che sparavano contro chi cercava di superare il muro di Berlino, fecero 943 vittime in 40 anni, meno del doppio di quelli fatti in appena 10 anni dai loro omologhi statunitensi.
Oltre agli assassinati, il muro ha causato almeno 4.000 morti per stenti negli ultimi 13 anni. Il muro supplisce al rifiuto di una politica migratoria non esclusivamente repressiva da parte degli Stati Uniti. Lo segnala l’associazione statunitense “Angeli della Frontiera” che combatte una battaglia quotidiana per permettere ai cittadini messicani che attraversano la frontiera, di trovare nel cammino acqua potabile e viveri, segnalati da lucine intermittenti che invece le ronde anti-immigrati distruggono. “Il nuovo muro -dichiarano a IPS i responsabili della ONG- non frenerà l’immigrazione ma la renderà più pericolosa causando più morti e più tragedie”. Sull’utilità materiale del muro è scettico, intervistato da Página12, anche il leader del sindacato dei poliziotti di frontiera: “ritarderà l’attraversamento di un paio di minuti al massimo”. E’ quanto ha dimostrato lo scorso 21 ottobre il subcomandante Marcos (nella foto) che ha attraversato la frontiera che presto diverrà muro tra Sonoyta e Sonora sconfinando in maniera simbolica negli Stati Uniti.
Aumenta così la divisione del tessuto connettivo di regioni del Nordamerica spesso aride ma con una storia unitaria e dal popolamento antico. Dalla metà del XIX secolo la California è stata divisa in due dall’appropriazione da parte statunitense di quasi la metà del territorio messicano. È una divisione ancora evidente nei toponimi e la demografia si sta incaricando di dimostrare essere anche insostenibile politicamente visto che la California del Nord (quella statunitense) ha nuovamente una maggioranza di popolazione latina. Ma oggi un intero muro di cemento e metallo rende irraggiungibili in maniera ancora più brutale dal resto della California storica, città che hanno storia comune e toponimi come San Diego, San Francisco, Los Angeles. Ogni anno circa 2 milioni di cittadini tentano di emigrare verso la parte nord della regione (quella statunitense) ma almeno 1.5 milioni sono arrestati e deportati.
Nel corso del mandato del presidente messicano Vicente Fox, l’amico e alleato George Bush ha sempre rifiutato ogni riforma, tanto unilaterale come bilaterale, delle questioni migratorie aperte tra i due paesi, a partire dalla regolarizzazione dei 10 milioni di messicani che vivono senza documenti negli SU. Il “muro intelligente”, come viene chiamato da George Bush che pure ipocritamente parla di “integrazione regionale”, -la repressione- è quindi l’unica misura che il governo statunitense ha preso in sei anni rispetto a un fenomeno epocale quale quello migratorio.
E’ chiaro, come segnala il quotidiano messicano La Jornada, che il muro risponde a forme di cinismo politico particolarmente odiose. La frontiera resterà altamente porosa, perché è l’economia, la demografia e non ultima la geografia a far sì che così sia. Ma il muro permetterà al governo degli Stati Uniti -a seconda di come aumenterà o diminuirà la repressione- di gestire il costo del lavoro della manodopera clandestina aumentandola o diminuendola a seconda delle esigenze.
Non mancano le esigenze elettorali, che vanno incontro alla crescente xenofobia della popolazione statunitense, e quello delle cricche al potere e del complesso militare-industriale. Il muro costerà a regime ben nove miliardi di dollari. Per la costruzione delle sole torrette di avvistamento, la multinazionale amica Boeing ha già ottenuto una mega commessa da 2.5 miliardi di dollari.
Intanto i messicani, prostrati da un leonino accordo di libero mercato a senso unico, il NAFTA, continuano ad essere costretti all’emigrazione di massa e continuano a morire esposti agli stenti e ai Vopos statunitensi, più sanguinari di quelli della DDR. Anche questo muro della vergogna, come quello di Berlino, cadrà e prima o poi perfino la California non sarà più divisa in due da un confine artificiale. Ma fino ad allora “ich bin Mexikaner”, “yo soy Mexicano”, “io sono Messicano”.