Annalisa Melandri: E’ il colmo dei colmi: un titolo del genere mi sembra esagerato anche per El Nuevo Herald di Miami. Eppure così scrivono venerdì 20 ottobre.
Un personaggio come Vladimiro Montesinos Torres può permettersi di denunciare qualcosa o qualcuno?
Al suo attivo vanta ben 74 processi, l’ultima condanna (a 20 anni) risale alla fine del mese di settembre per vendita di armi alle FARC colombiane.
Il "dottore", il "Monaco Nero" oppure il "Rasputin delle Ande" (tanto per citare solo alcuni dei soprannomi con i quali è conosciuto), braccio destro di Alberto Fujimori (li chiamavano "los socios sucios") e capo dei servizi di sicurezza del Perù, formalmente attuò nel suo paese un processo sistematico di corruzione volto a instaurare una dittatura, letteralmente comprando l’assenso di tutte le forze sociali, economiche e politiche, dalla magistratura, ai mezzi di comunicazione, ai poteri economici e politici.
Le sue prodezze però risalgono ben più indietro nel tempo rispetto agli anni 1990/2000 della dittatura di Fujimori. Già nel 1976 fu condannato per spionaggio e alto tradimento per aver consegnato documenti riservati relativi alle Forze Armate peruviane ai servizi segreti di paesi stranieri, tra cui la CIA.
Ha accumulato processi e condanne per narcotraffico, per reati contro la pubblica amministrazione, per corruzione, per tradimento, per omicidio.
Inoltre come capo del terribile Sin si è reso responsabile di numerose violazioni dei diritti umani, torture e omicidi da egli stesso commissionati al fine di eliminare testimoni scomodi, oppositori ed anche personale dello stesso SIN sospettato di passare ai mezzi di informazione rivelazioni circa le pratiche criminali in uso dall’organizzazione.
Fu anche direttore del famigerato gruppo paramilitare detto "Colina" autore di numerosi massacri ai danni di contadini inermi.
Come avvocato (ma ci sono dubbi anche sulla validità del suo titolo accademico) ha difeso trafficanti di droga nonché elementi delle forze di polizia accusati di narcotraffico.
Lo stesso Roberto Escobar Gaviria, fratello del ben più noto Pablo Escobar, racconta nelle prime pagine del suo libro "Mio fratello Pablo" di una visita di Montesinos alla famigerata finca Nápoles in Colombia, dove i tre discussero di eventuali "affari" da intraprenedere insieme.
Roberto Escobar descrive così Montesinos: "Avvocato, specializzato in diritto penale e naturalmente furbo, in Montesinos il suo spirito imprenditoriale si riconosceva da lontano. Un miscuglio di astuzia e intelligenza, condita con brame di potere. Pablo che aveva una gran facilità a inquadrare gli uomini prima ancora di conoscerli, mi aveva detto che Montesinos oltre alle sue aspirazioni politiche in Perù era un avaro professionista, persona bramosa di denaro e fortuna e che per questo sarebbbe potuto diventare un grande alleato in Perù. In cambio di informazioni e lavori sporchi. Pablo sapeva che il suo lavoro in Perù consisteva nel far uscire dal carcere alcuni suoi amici narcotrafficanti, confidando nei buoni appoggi con le autorità giudiziarie e militari. Più avanti rivelerò su come riuscì ad arrivare, grazie a personaggi come Montesinos, a governanti del continente come Fujimori o del Centro America e perfino dell’Europa".
Montesinos inoltre, come egli stesso ha ammesso, è stato agente per molti anni al servizio della Cia e per questo ha ottenuto protezione ed appoggio dal governo degli Stati Uniti per più di un quarto di secolo.
Ecco spiegato perché El Nuevo Herald non ha nessuna remora a scrivere che "Montesinos denuncia i piani di Castro e Chavez".
Ecco perché, pur essendo rinchiuso in carcere, ed essendogli negato l’accesso ai mezzi di comunicazione e ai libri, è riuscito a scrivere e pubblicarne uno dal titolo "Gli idoli di fango" (Castro e Chávez appunto) in cui denuncia il loro complotto per acquisire potere nell’area e sfidare gli Stati Uniti. E dove starebbe poi il reato in questo, forse lo sanno solo lui e il El Nuevo Herald che gli recensisce il libro.
Un trafficante di armi come lui che denuncia che "Castro e Chavez sono gli artefici di una guerra asimmetrica contro gli Stati Uniti" (e non si capisce bene questo asimmetrica da che parte stia) "e che cercano di ottenere appoggi da altri governi della regione e nel caso del Venezuela promuovono un riarmo in SudAmerica", è veramente il colmo dell’ironia. Ovviamente in questa strategia non può non includere Evo Morales, che però secondo lui viene solo usato e Ollanta Humala.
El Nuevo Herald infine, non riesce a lasciarsi sfuggire la dettagliata descrizione della copertina di Idoli di Fango dove si osservano figure umane con il corpo di fango, con le mani incrociate all’altezza del petto, ma al posto delle cui teste ci sono in sovrapposizione i volti di Castro, Humala e Chávez, mentre ai piedi di essi si vede il volto del presidente boliviano Morales, tutto questo su di un fondo nero.
L’avvocatessa di Montesinos, Estela Valdivia, presentando il libro del suo assistito, informa tra l’altro che lo scopo di Montesinos è solo quello di "offrire informazione alle persone che prendono decisioni per non entrare nel gioco di Cuba e Venezuela, di questi due governanti che pretendono di impossessarsi di tutta la regione" e non, come ci era sembrato di capire, quello di continuare ad essere, anche da dietro le sbarre, ciò che è sempre stato cioè un delinquente criminale al soldo della CIA.
E il El Nuevo Herald che gli dà voce che cosa è?
Gennaro Carotenuto: Grazie Annalisa per la segnalazione di questa perla. Evidentemente all’Heraldo stanno a cuore i paladini per la libertà, i Montaner, i Montesinos, i Posada Carriles e perché no gli Etchecolatz.
Parole chiave: America Latina, Perù, Vladimiro Montesinos