Rapiscono Giuliana Sgrena, emerita compagna del collettivo del Manifesto e agiamo come un sol’uomo, ci indigniamo, denunciamo, sfiaccoliamo… Rapiscono un Gabriele Torsello qualsiasi e a nove giorni di distanza, con la vita dell’ostaggio in serio pericolo, non si vede una bandierina della pace in giro.
Veltroni non si sbraccia e non stende tazebao dal Campidoglio perché non c’è mercato e lo applaudirebbero in quattro gatti. In giro c’è più solidarietà per tal Massimo Ceccherini, espulso dall’ “Isola dei famosi”, una prece, che per Torsello rapito in Afghanistan. Certo che siamo strani noi società civile, noi pacifisti, noi progressisti, noi bravi ragazzi, convinti di essere meglio degli altri, e che invece consumiamo come gli altri, pur struggendoci la coscienza.
Consumiamo come gli altri, noi sensibili alle foglie, e quindi il personaggio pubblico Sgrena ci appassiona, ma del carneade Torsello ce ne freghiamo. Ne scrive un po’ Peacereporter, ma lo fa in punta di piedi, quasi con pudore. Torsello stesso chiede ai media di aiutarlo, sostanzialmente inascoltato. Qual’era lo slogan di Indymedia? Qualcosa tipo “fatti media”. Se sull’Home Page di Indymedia non c’è una riga su Gabriele Torsello vuol dire che Indymedia ha fallito. E più ancora di Indymedia, in questo riflusso da elettroencefalogramma piatto, quella che scompare, coperta di vergogna, è la gloriosa piazza pacifista del 15 febbraio 2003. Quella che doveva fermare la guerra e cambiare il mondo. Anche quella era un prodotto di consumo, o meglio: era solo moda.
E non si dia la colpa alla sindrome da governo amico. Questo ha scelleratamente scelto di restare in Afghanistan, ma non è colpa di Prodi o Parisi l’indifferenza della società civile italiana verso Torsello. Forse Gabriele, se ti ammazzeranno diverrai un’icona, un’icona pacifista, in fondo è quello che è successo da morto anche ad Enzo Baldoni. Per il momento resti una sottomarca del consumismo pacifista, un prodotto da Hard Discount, incomparabile con un prodotto di marca come Giuliana Sgrena. Per una volta sposo parola per parola il pezzo di Mario Giordano sul Giornale. Ce lo siamo proprio meritato. Perfino l’appello del figlio di Torsello, un bimbetto di quattr’anni, è scivolato via tedioso, pleonastico, melenso.
Scusate il disturbo, avrete senz’altro di meglio da fare ma c’è qualcosa di semplice e urgente da dire: GABRIELE TORSELLO LIBERO!