“Dovunque io volga lo sguardo vedo estremisti” ha affermato George Bush nel suo discorso davanti all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Ha scelto proprio questa raggelante espressione, che la dice lunga sulle paure di chi, per continuare ad imporre la supremazia statunitense sul pianeta (come scritto dagli ideologi neoconservatori nel “Progetto per il nuovo secolo americano”) ha imposto al pianeta stesso la guerra al terrore, e si rifiuta di vedere come il dolore generi più odio.
Ma se è il reazionario fanatico iraniano Mahmoud Ahmedinejad ad andare a Nuova York a dire che il Consiglio di Sicurezza dell’ONU non rappresenta più nessuno, allora vuol dire che tutti quelli che fanno finta di non sentirlo sono più reazionari e fanatici di lui.
Può nel 2006 il Consiglio di Sicurezza dare il diritto di veto alla Gran Bretagna e non all’India, alla Francia e non al Brasile, ammesso e non concesso che il diritto di veto non sia comunque una zavorra intollerabile?
Hugo Chávez, per scaldare la platea, ha iniziato il suo discorso con una battuta. Ha detto che in quell’aula dopo il discorso di George Bush si sentiva odore di zolfo. I presenti hanno riso, applaudito, poi Chávez ha argomentato seriamente per tutto il tempo che aveva. Per esempio ha invitato gli statunitensi a leggere Noam Chomsky. Poi ha citato lo stesso George Bush con quel suo terrificante “dovunque io volga lo sguardo vedo estremisti” (chissà perché glissato dalla stampa internazionale) ed ha argomentato, ha denunciato, ha proposto. I giornali del nord hanno edulcorato, minimizzato, ridicolizzato: “Quel buffone di Chávez va all’ONU a dire che Bush è il diavolo”. Null’altro.
Evo Morales, il grande lottatore sociale che coniuga il rispetto per la terra proprio della cultura nativa, con la prassi di mastino sindacale in un paese, la Bolivia, dove la classe operaia ha tradizioni sindacali gloriose e rivoluzionarie, con la modernità della democrazia partecipativa, ha fatto un intero discorso, applauditissimo da tutti i paesi del Sud. Ha parlato di ecologia, di beni comuni, di riforma agraria. Niente è rimasto nelle testoline della grande stampa internazionale.
Poi Evo ha tirato fuori una foglia di Coca, ed ha ricordato all’assemblea la vera persecuzione che stanno subendo da decenni i coltivatori di una pianta benefica con 5000 anni di storia, a causa di un’abitudine distorta di pochi milioni di persone concentrati in pochi paesi ricchi. Orrore, per i quotidiani del nord, il folcloristico presidente boliviano, così troglodita da non mettere neanche la cravatta, ha sfidato il mondo portando la malefica pianta della cocaina nelle sacre stanze delle Nazioni Unite.
Nestor Kirchner, così peronista da odorare di zolfo da lontanissimo, ha ricordato come il proprio paese sta registrando una crescita ininterrotta dell’economia, una diminuzione della povertà e la risurrezione dell’industria locale, solo da quando l’Argentina ha chiuso la porta in faccia al Fondo Monetario Internazionale.
Ha detto cose banali Nestor Kirchner. Per esempio ha detto che uno sviluppo senza redistribuzione non è sviluppo. E’ stato accolto dal silenzio gelido e i quotidiani internazionali non hanno neanche registrato un intervento di altissimo spessore. Almeno Evo e Hugo, pur nel puerile tentativo di ridicolizzarli, sono riusciti, con la battuta sullo zolfo e con la foglia di coca, a farsi citare. Don Nestor non ci è riuscito.
La LXI assemblea generale delle Nazioni Unite chiude i battenti e tra un anno ci ritroveremo allo stesso punto di partenza. Come ha argomentato Hugo Chávez, l’Assemblea non ha alcun potere e il consiglio di sicurezza è imprigionato dai possessori del diritto di veto. Quel diritto di veto, che continua a fotografare il mondo in bianco e nero al 1945, odora davvero di zolfo e incatena l’ONU e sei miliardi di persone, ai voleri di John Bolton, il falco estremista ambasciatore statunitense alle Nazioni Unite e di pochi paesi ricchi. Gli altri non contano nulla. Fino a quando?