di Gaetano Alessi
A sentirli parlare i ragazzi dell’Onda si ha l’impressione che nessuno ci abbia capito nulla. Il sospetto aumenta quando a pronunciarsi è la cosiddetta "intellighenzia" del paese.
Giornalisti, opinionisti, uomini politici che, presi totalmente alla sprovvista, si sono persi nei meandri di schemi logori, figli di date scadute (’68 – ’77), per ritrovarsi, una volta fallite le semplificazioni, sommersi da sorpresa e giubilo. Dove nell’apoteosi della superficialità qualcuno è arrivato ad evocare perfino la generazione di Tien an men.
Tutti hanno voluto dire tutto, tranne la parolina magica, tanto semplice quanto reale: “nuovo”. Questo movimento è semplicemente “nuovo”.
Nei modi, nelle idee, nei termini di paragone.
Non può essere altrimenti, visto che a questi ragazzi non è stato concesso nulla, neanche il residuo di un’idea o di un’ideologia.
Sono i “bamboccioni” secondo l’aria bipartisan dell’attuale classe politica. Meglio…erano.
Basta ascoltarli per capire che non vi è nessun retroterra nelle loro azioni.
“Io l’Onda non riesco a pensarla come movimento. La trovo ancora una resistenza – dice Marianna Alberti studente di Giurisprudenza in quel di Bologna – Più forte e più pura, più spontanea e meno elaborata di un movimento. Caotica e più immatura, per questo più d’impatto.
Resistenza per salvare il salvabile e quello che è rimasto di diritti attaccati già da qualche tempo lentamente ma che adesso rischiano di essere cancellati del tutto. Ci siamo svegliati tutti o quasi: studenti universitari, delle superiori, mamme e professori con culture politiche differenti perfino organizzazioni studentesche vicine ad AN. C’è in gioco in nostro futuro. Vorrei tanto che questa lotta non rimanesse un’onda contro uno scoglio”.
“Siamo per strada perché crediamo in una scuola e in un’università per tutti– aggiunge Alfonso Casà studente d’Ingegneria a Palermo – nella libertà della ricerca e dell’insegnamento.Vedi art. 33, 3 e 3.2 della nostra Costituzione dove si parla di quel bellissimo principio che è l’uguaglianza sostanziale che molti politici a volte volutamente ignorano”.
Di giovani “facinorosi” come questi sono piene le strade italiane, non importa se in migliaia in corteo a Roma o poche decine a Pescara.
Sono lì, corazzati e neanche l’approvazione del decreto 137 riesce ad arginarli.
Hanno superato le mazze “tricolori” di neo fascisti pronti all’uso, i tentativi di strumentalizzazione, la pochezza degli organi di stampa.
Hanno rinviato al mittente anche le adesioni ingombranti come Beppe Grillo a Bologna (in corteo si, ma dietro di loro) perché i protagonisti di questa “nuova” storia hanno mille volti.
Non ci credeva nessuno, ma sono ancora là. Senza l’aiuto di partito, senza in vecchio concetto d’ organizzazione, con un’ingenuità pari solo al coraggio di chi sa di aver poco ma vuol condividerlo con gli altri.
Nonostante l’ottusa resistenza del Governo, l’anima degli studenti italiani sta tutta nelle parole di Roberto Iovino, leader dell’Unione degli Studenti: "Nei prossimi giorni ci riapproprieremo dei nostri istituti con l’obiettivo di riformare la scuola dal basso.
Il prossimo mese sarà ancora più caldo– aggiunge- dalle mobilitazioni del 7 nelle città, del 14 a Roma e la settimana di mobilitazione che partirà proprio il 17 novembre, la giornata di mobilitazione studentesca internazionale indetta al Social Forum di Malmoo. Non faremo un passo indietro, vogliamo una scuola all’altezza dei nostri sogni”.
Provate ad immaginare un luogo dove chiunque ponga al servizio del prossimo le proprie capacità, le proprie speranze, senza calcoli, noncurante dei rischi.
Sarebbe un luogo degno di questi ragazzi.