La legge elettorale per le europee, che il PdL sta varando con il silenzio-assenso del PD, fa schifo. Ma non è, come invece sbraita la cosiddetta sinistra radicale, un golpe. Per più motivi; innanzitutto perché se tutto è un golpe nulla è un golpe. Poi perché lo sbarramento al 5% non è un golpe, l’eliminazione del voto di preferenza non è un golpe e la riduzione delle dimensioni dei collegi (saranno una decina) non è un golpe. Anche se fanno schifo. Il modello della nuova legge è quello cileno, ma non nel senso pinochetista, nel senso bacheletiano, con un paletto così alto che ci vorrebbe Javier Sotomayor per saltarlo.
Eppure neanche l’imposizione del bipartitismo è un golpe, soprattutto se oltre che strillare al golpe non si ha altro da dire. Fuori dal palazzo questi continuano il loro teatrino. I vendoliani del PRC: “mai più con il PdCI!”. I ferrariani rispondono: “mai più con verdi ed SD”. “Gruppettari”, “Stalinisti!”, “vengo anch’io, no tu no”. Verdi ed SD intanto trattano con il PD ma si tengono le mani libere per riaccordarsi a sinistra. Tattica senza strategia.
Temo che tutti questi burocrati, i sette nani dell’ultrasinistra e il grande nano del PD, indistintamente nei loro uffici abbiano appeso un ritratto gigante di Leonida Breznev. Chi meglio dell’uomo della stagnazione incarna la sinistra italiana di quest’inizio secolo? Per intanto la decisione più decisionista è che Piero Sansonetti resti direttore di Liberazione. Dopo aver fatto fallire l’Unità negli anni ’90, fa chiudere Liberazione nel terzo millennio (e non date la colpa a Berlusconi). Il paese intanto né guarda né è attonito.
In queste condizioni, la pessima legge elettorale veltrusconiana per le europee diventa piuttosto una buona legge sul testamento biologico della sinistra italiana. Il PD accende un cero a Berlusconi e gongola perché con il modello cileno di cui sopra prenderà due o tre seggi in più e forse farà fuori anche Antonio di Pietro che, anche se prendesse il 10%, al massimo potrebbe aspirare a un paio di parlamentari europei. Contenti loro…
Intanto lì fuori, indifferente al mondo dei burocratini finti rivoluzionari di professione a caccia dell’ultimo strapuntino, ma sensibile al destino del paese, sta germogliando un nuovo movimento di studenti che difendono scuola e università pubblica. Ieri erano centinaia di migliaia in piazza, ma c’è da giurare che nessuno di loro si è sentito convocato dai partiti della sinistra. Come diceva Juan Domingo Perón, “il popolo arriverà, con i dirigenti in testa, o con la testa dei dirigenti”. E come diceva Pierangelo Bertoli, “eppure il vento soffia ancora…”.