Facciamo due conti in tasca al fallimento della Lehman Brothers. La grande finanza ha preso una scoppola pesantissima un anno fa quando è scoppiata la bolla dei mutui facili, roba da decine di miliardi di dollari. Roba da muoia Sansone con tutti i filistei. Ma la grande finanza è un gigante. Con i piedi d’argilla?
Lehman Brothers o Merrill Lynch o altre banche d’affari, verso le quali gli adoratori del dio liberismo come Oscar Giannino o Luigi Zingales (per citare solo gli italiani) pregavano cinque volte al giorno come fossero la Mecca, pensavano di poterla fare franca in tre modi:
1) fabbricando e spacciando biglietti falsi (i derivati sono soldi falsi) e levando anche le mutande ai piccoli risparmiatori e ovviamente riprendendo le case di chi non aveva potuto pagare, buttandoli letteralmente in mezzo alla strada; 2) con l’aiuto di George Bush e della Federal Reserve socializzando le perdite alla faccia del liberismo; 3) saltando su un altro affare, ovvero speculando sul prezzo altissimo del petrolio e che pensavano destinato a crescere per sempre.
Non gli è riuscito e qui proviamo a spiegare perché, ma prima leviamoci un sassolino dalla scarpa:
Per decenni banditi come Lehman Brothers o Merrill Lynch, hanno fatto le pulci alle economie di tutto il mondo, soprattutto del Sud del mondo, hanno dettato le tavole della legge, preteso interessi usurai su debiti inventati, fatto crescere o crollare tassi di cambio e fatto ballare il mondo alla loro musica. Per decenni le classi dirigenti del Sud del mondo si sono trincerate dietro un “l’ha chiesto Lehman Brothers” o “ce lo esige Merrill Lynch” per far passare le più impopolari delle misure.
Oggi Lehman Brothers è morto e anche Bretton Woods non si sente tanto bene e la miserie e la natura vampira e neocoloniale del sistema economico ivi scaturito è sotto gli occhi di tutti. Qualcuno farà autocritica? Quante volte i nostri giornali avranno citato i report di Lehman Brothers come autorevoli? Chiederanno scusa?
Non ci curiamo di loro. Brindiamo. Chi l’avrebbe mai detto che avremmo stappato lo spumante per il fallimento di una banca che in 150 anni ha mandato in rovina milioni di poveri nel mondo? Chi l’avrebbe detto solo dieci anni fa che oggi il Fondo Monetario Internazionale non ha più il potere di condannare a morte per fame nessuno in America latina?
Levato il sassolino, la strategia di salvezza, i tre punti di cui sopra, si basavano su di una traballante alleanza con petrolieri e ambientalisti. I primi preferivano (tatticamente) vendere meno petrolio ma più caro. Per anni avevano sperato di mettere mano al petrolio iraniano, venezuelano, russo, e conservare sotto terra quello dell’Alaska. Purtroppo per gli oilers la loro coppia di campioni, George Bush e Dick Cheney, quelli che armi alla mano dovevano rapinare il petrolio iraniano, venezuelano, russo, non era riuscita neanche a riportare a casa quello iracheno.
I secondi, gli ambientalisti, speravano di salvare l’ambiente, speravano che gli statunitensi imparassero a consumare un po’ meno e soprattutto speravano di salvare quella bituminosa landa di ghiaccio e idrocarburi che è l’Alaska. Ma si sa, il popolo statunitense è insofferente al risparmio.
Fino a qualche settimana fa il gioco si teneva, il petrolio stava a 140 dollari, pagavano i consumatori, i petrolieri erano contenti come gli ambientalisti, la grande finanza speculava e stava rientrando delle perdite per i mutui facili, la Russia aveva i soldi per fare la voce grossa in Georgia e la diplomazia petroliera di Hugo Chávez sembrava inarrestabile. Troppe contraddizioni?
Quindici giorni fa l’alleanza s’è rotta quando John McCain, possibile prossimo presidente degli Stati Uniti, ha scelto Sarah Palin come vicepresidente. No la signora non è importante per il suo fondamentalismo protestante o perché è la figlia segreta del dottor Stranamore e non ci penserebbe due volte a scatenare la terza guerra mondiale.
La signora è importante perché fotografa la sconfitta di finanza e ambientalisti e il patto storico tra petrolieri e consumatori per trasformare l’Alaska in una groviera durante il prossimo mandato. I consumatori statunitensi (addestrati a eliminare il risparmio dal loro orizzonte mentale), con le elezioni alle porte, sono al massimo del loro potere contrattuale. E quindi l’alleanza adesso è petrolieri/consumatori: meglio un uovo oggi che una gallina domani per mantenere l’American way of life senza limiti. Meglio consumare come porcelli col rossetto e, siccome tutte le guerre di Bush sono andate male, ci dobbiamo giocare i nostri idrocarburi che vengono dal freddo nell’attesa che la nuova coppia di falchi, McCain-Palin, riprovi laddove Bush-Cheney hanno fallito. Non è propriamente una posizione di forza, ma questo passa il convento.
Ed ecco il giro di valzer che ha portato il petrolio giù giù fino a 90 dollari (per ora) e la finanza alla canna del gas. Tanto McCain come Barack Obama si sono venduti l’Alaska e gli ambientalisti. I petrolieri (strategicamente) preferiscono tornare a vendere tanto petrolio finché dura. Gli statunitensi potranno almeno dormire in macchina e a motore acceso.
E la finanza, quella che non si è salvata in tempo socializzando le perdite rimane schiacciata come l’ambiente. E’ la legge della giungla che chiamano “mano invisibile del mercato”, anche se poi tanto invisibile non è. Ma vedrete, i capitali di rapina sceglieranno presto un’altra preda. Forse l’hanno già scelta, anche se viene il dubbio che i loro canini non siano più così aguzzi.