Walter Veltroni ha chiuso ieri la festa del Partito Democratico a Firenze. Per Veltroni l’ex-ministro Arturo Parisi ha offeso gli elettori, Antonio di Pietro “ha tradito” e Rifondazione (con un salto logico degno di George Bush) è terrorista.
Fin da quando scelse di correre da solo, Walter Veltroni è stato inflessibile con gli amici e debolissimo con gli avversari. E con l’avversario Silvio Berlusconi condivide l’obbiettivo di instaurare un bipartitismo coatto nel paese che deve spezzare le reni innanzitutto al resto del centrosinistra. Tuttavia gli attacchi alle minoranze del partito e agli altri spezzoni dell’ex Ulivo, e la pretesa di fagocitarne gli elettori, sarebbero segno di forza se al timone del PD ci fossero mani salde. Ma così non è e presto Veltroni potrebbe accusare di tradimento perfino quell’elettore su sei che già oggi nei sondaggi dichiara che non rivoterebbe per il PD.
Senza alcuna idea veramente alternativa al berlusconismo e imbavagliatosi in un dialogo dove Silvio Berlusconi è il lupo e Veltroni l’agnello, quelli del capo del Partito Democratico, circondato dai gerarchi di un partito che affonda nello scetticismo, e la crisi del quale è sempre colpa d’altri, sono toni da dicembre del 1944 e da Teatro Lirico. Sono toni di chi ha già perso.
Fortunatamente non ci sarà Piazzale Loreto per Veltroni. Ma potrebbe esserci per la sinistra tutta, oramai rassegnata ad avere davanti a sé varie legislature di berlusconismo. Temo abbia ragione Eugenio Scalfari a parlare di “implosione della sinistra” e di clima da “tutti a casa”. Se così fosse davvero le elezioni d’aprile sarebbero state il nostro 8 settembre.