Io sto con Lula. Nel rumore di sciabole ormai fragoroso di spezzoni golpisti dell’esercito, oggi il Supremo Tribunale Federale brasiliano si pronuncerà se Lula ha diritto all’Habeas Corpus o se deve entrare immediatamente in carcere e quindi rinunciare alla corsa per la presidenza che lo vede unico favorito, sulla base di una farsesca condanna per corruzione.
L’uomo che si avvia al trionfo nelle elezioni presidenziali di ottobre, che continua a rappresentare fino a incarnare le masse popolari brasiliane, potrebbe così essere fermato da un Tribunale Supremo spaccato esattamente a metà oggi, e sarebbe per sempre. Il golpe di palazzo che ha defenestrato Dilma Rousseff e installato a Brasilia Michel Temer, ribaltando il segno politico del paese, troverebbe così il proprio compimento definitivo.
Senza ingenuità; i governi del PT hanno errato e claudicato in questi anni, e sono stati più che lambiti dalla corruzione, ma non hanno mai cessato di essere un corpo estraneo, un pericolo, e un intollerabile insulto per la classe dirigente brasiliana. Anche quel poco che sono riusciti a fare i governi di Lula prima e Dilma poi è stato troppo. Con loro, anche per propensione geopolitica non solo regionale, il Brasile è per antonomasia la grande potenza progressista del Sud del mondo, con la quale tutto è possibile in America e senza la quale tutto è perduto. Lo scrivo da vent’anni.
Qualche commentatore sostiene che se Lula venisse fermato s’installerebbe, militari o meno, un nuovo fascismo in Brasile. Nonostante questo sia il desiderio dichiarato di quelli che scendono in piazza esigendo il carcere per l’ex-operaio nordestino, e i rumori di sciabole non sono da sottovalutare, non è questo il punto, anche perché il movimento popolare resta forte e comincerebbe quello che Joao Pedro Stedile, il leader dei Sem Terra ha definito un “aprile rosso” brasiliano.
Il punto è quindi che quelle masse che riempiono ancora oggi ogni piazza del grande paese del Sud nel nome di Lula rappresentano nella miglior maniera l’idea di democrazia progressiva oggi in crisi in America latina e in tutto il mondo, ma che non smette di essere l’unico cammino di inclusione possibile a ogni latitudine. Io sto con Lula, in difesa del regime democratico, non solo in Brasile.