Raccolgo varie sollecitazioni di amici e cerco di fornire alcuni elementi di comprensione sulla questione della frontiera tra Colombia e Venezuela.
1) Si tratta di una frontiera di oltre 2000km, per natura e storia porosa come poche. C’è di sicuro un problema di controlli e di corruzione, ma ciò spiega poco. Non basterebbe un esercito intero per renderla impermeabile. Inoltre il conflitto interno colombiano – in passato anche la guerriglia ma oggi principalmente il paramilitarismo e il narco – ha sempre visto alcuni stati venezuelani, il Táchira e il Zulia in particolare, come una sorta di retrovia. Nel corso del tempo sono migliaia gli episodi di violenza dove paracos colombiani hanno depredato, stuprato, ucciso.
2) In Venezuela vivono tra 4.5 e 5.6 milioni (quest’ultimo numero è quello ufficiale del governo venezuelano) di colombiani, ovvero tra un quinto e un sesto della popolazione del paese. Anche se non sono tutti rifugiati, la causa di tale esodo è in primo luogo il conflitto interno colombiano qui declinato come la trasformazione agroindustriale del territorio con i paramilitari che, “in punta di baionetta”, hanno espulso milioni di agricoltori dalle loro terre. Succedeva anche in precedenza ma, da Chávez in avanti, i colombiani sono stati tutti accolti e beneficiano degli stessi servizi e diritti dei nativi venezuelani. Un numero enorme di loro, forse due milioni, ha preso la cittadinanza. Vale a dire che il Venezuela è uno dei paesi al mondo che ha più stranieri al proprio interno. Anche se per un colombiano essere straniero nella patria di Bolívar significa poco, stiamo parlando di una storia di accoglienza e integrazione ammirevole in una regione particolarmente difficile del mondo.
3) In epoca chavista il Venezuela non ha mai messo mano a un assurdo storico del paese, e cioè che la benzina sia in buona sostanza regalata (circa 3 centesimi al litro). Inoltre, per una precisa scelta politica (che piaccia o no, che funzioni o meno, dicesi socialismo) ha sussidiato pesantemente il prezzo di un gran numero di beni, in particolare alimenti. E qui viene il punto: il contrabbando. Si calcola che la benzina viene rivenduta oltre frontiera a 25 volte quanto costa in Venezuela e gli altri prodotti a 8-10 volte.
4) Finché il prezzo del greggio e l’economia tiravano, per Caracas l’intensissimo contrabbando dal Venezuela alla Colombia era sopportabile. Oggi si calcola che escano illegalmente 100.000 barili di petrolio al giorno e alimenti per una perdita per l’erario di 10 miliardi di dollari l’anno. Con l’attuale gravissima crisi economica, che potrebbe anche segnare la caduta del governo e dell’intero processo bolivariano, ciò non è più sopportabile.
5) Alcune forme intraprese per l’espulsione di circa 1800 cittadini colombiani sono esecrabili, ed è sicuro che non siano tutti contrabbandieri o criminali, ma che proprio il governo colombiano si appelli a Ginevra e al rispetto dei diritti umani è risibile. Propagandare che il Venezuela, che ospita cinque milioni di colombiani dando loro scuole, salute, alloggi popolari e che si offre di accogliere da subito 20.000 rifugiati siriani (la Gran Bretagna dichiara lo stesso numero ma entro cinque anni), sia inospitale è veramente fuori luogo.
Al di là delle rappresentazioni mediatiche e dell’attuale crisi (passeggera per problemi senza soluzione), il tema dei colombiani in Venezuela (e in minor misura in Ecuador) è di gran lunga uno dei meno studiati e diffiderei di quelli che dicono di saperne troppo. Altre frontiere, in particolare quella nord e sud del Messico, sono da decenni oggetti di studio specifici che qui mancano del tutto. Mancano fonti e ricerche di campo, e se ne capisce anche il perché in zone inospitali e pericolose. Resta però sempre fondamentale ricordare che la comprensione della realtà non può essere appaltata al mainstream.