Uccelli di sventura predicevano -come sempre- lo sbriciolamento del PSUV dopo la morte di Hugo Chávez. A un anno dall’ultimo trionfo del presidente, poi deceduto a febbraio di quest’anno, i risultati delle municipali di ieri parlano di un consolidamento del PSUV che ha oggi come leader il successore di Chávez, Nicolás Maduro.
Con risultati semidefinitivi il PSUV ha infatti vinto le elezioni in 196 municipi contro i 53 dove hanno trionfato candidati delle destre. Tale dato, apparentemente molto favorevole, va controbilanciato. Il totale di voti espressi è di circa 4.6 milioni di voti per il PSUV e 4.2 milioni per il MUD e le destre, come è sovente accaduto, hanno vinto in alcune delle principali città del paese, a partire dalla stessa Caracas.
Non è novità in Venezuela quella di una situazione polarizzata. Il sistema sociale chavista, per poter redistribuire alle classi popolari da sempre senza diritti, lascia spazi di inefficienza difficilmente colmabili e che coagulano le critiche e le proteste non solo delle classi alte ma anche di settori importanti delle classi medie. In particolare l’esigenza di conciliare un sistema economico misto che controlli distribuzione e prezzi dei prodotti basici ma allo stesso tempo permetta al libero mercato di funzionare in maniera efficiente rappresenta una contraddizione difficilmente riducibile. A ciò si aggiungono problemi endemici come la corruzione e soprattutto l’enorme violenza per le quali, apparentemente, non vi è risposta. Sono temi seri, ma che evidentemente per le masse venezuelane non mettono in dubbio il consenso ad un partito e una storia politica che le ha messe per la prima volta al centro della storia, offrendo salute, educazione, pane, tetto e diritti.
Quello che è allora il senso di queste elezioni è che, in una situazione che resta complicata sia economicamente che socialmente, con un continuo bombardamento contro il governo, il PSUV del dopo-Chávez stia consolidando i propri spazi come prima forza politica del paese. Nicolás Maduro sta trovando il suo spazio da dirigente politico e uomo comune non più vittima dell’enorme eredità del carisma di Hugo Chávez che avrebbe potuto travolgerlo. Piuttosto è nella MUD, il variegato cartello delle destre, che i nodi potrebbero venire al pettine. Henrique Capriles, nonostante il favore dei media mondiali, è alla terza sconfitta in dodici mesi e più d’uno tra i suoi vorrebbe fargli pagare il conto.
Così il chavismo ha vinto le quindicesime elezioni su sedici della sua storia, le seconde dopo la morte di Chávez. Ma in pochi tuttora ne riconoscono la legittimità e il grande ruolo nella democratizzazione della vita politica del paese e nell’inclusione di milioni all’esercizio della cittadinanza.