Mi ha impressionato la notizia della madre umbra morta affogata in una spiaggia di Fano nel tentativo di salvare i due bambini.
Sono notizie di grande tristezza, ma quello che mi ha colpito è stato un dettaglio offerto solo di passaggio dai media ed anzi omesso da alcune fonti: in quel momento il mare era molto mosso, non era balneabile, erano esposte le bandiere rosse e i bagnini invitavano la gente a non entrare in acqua.
Lungi da me dire che se l’è cercata, ma cosa spinge una madre di 40 anni, un’insegnante, a ignorare una proibizione che ha messo in pericolo la vita dei figli (bambinetti di 4 e 6 anni, non adolescenti imprudenti) e poi l’ha uccisa? E’ stata una disattenzione, un’imprudenza, o è che un segnale di proibizione, o un obbligo come la cintura di sicurezza, in Italia non conta più nulla? Non per i lestofanti, e non ci sorprende, ma nemmeno per chi non ti aspetti, una insegnante quarantenne con due figli piccoli.
Nel censurare quella madre si rischia di apparire insopportabili, eppure non si può non cogliere il caso come l’ennesima testimonianza che in questo paese nessuno rispetta più alcuna regola, nessuno capisce che le regole non sono interpretabili (e non importa se a volte possono essere sbagliate), che senza le regole il paese è invivibile e pericoloso sia per chi le rispetta che per chi ci passa sopra senza rifletterci. Mi sembra un nodo fondamentale, forse perfino il più importante di tutti. Dovremmo fare qualcosa, ma cosa?