Per trent’anni gli irlandesi hanno avuto il meglio dall’Unione Europea. Hanno saputo prendere a piene mani decine di miliardi di Euro in fondi di coesione che sono serviti per modernizzare e rendere ricco il paese più povero d’Europa, dal quale tutti fuggivano.
Adesso hanno deciso che a loro non conviene più e bloccano tutto nel più antidemocratico dei referendum.
Le conseguenze, come per tutti i No all’Europa, sono esiziali. Resta infatti intatta l’impalcatura burocratica che a parole i contrari (di destra e di sinistra) aborrono.
Ma per la destra antieuropea, come la nostra Lega Nord, quella irlandese è una vittoria vera, mentre per la sinistra antieuropea si tratta di una vittoria di Pirro.
Salta infatti ogni prospettiva di Europa politica, ovvero l’unica possibilità di “un altro Occidente possibile” che possa avere la massa critica per tener testa, in quanto Europa, agli Stati Uniti e alle altre grandi aggregazioni, Cina in testa.
Oltretutto il referendum irlandese rappresenta davvero il contrario della democrazia: lo 0,5% della popolazione dell’Unione (tanti sono gli irlandesi che hanno votato) si arrogano il diritto per decidere per tutti.
E si arrogano questo diritto impunemente perché vantaggi e svantaggi dati dall’Unione Europa non sono messi in discussione dal loro voto. Solo si impedisce, e probabilmente per sempre per la nostra generazione, all’Europa di divenire finalmente un soggetto politico.
Ha ragione allora il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano: chi vota contro l’Europa esca dall’Unione e ne paghi le conseguenze. Ma a troppi conviene che dell’Europa resti solo il libero mercato. Non foss’altro per potersene lamentare.