Si rende conto Jorge Bergoglio della distanza tra il suo stile e il senso della sacralità del Pontificato? No, non voglio esprimere un giudizio, tanto meno negativo, per i primi passi del nuovo papa. Voglio solo sottolineare lo sconcerto per uno scarto comunicativo e di stile che si sta palesando come netto, brusco, storico. Dalla capacità comunicativa di Giovanni Paolo II, che restava comunque innanzitutto il monarca della chiesa universale, all’algido papa teologo che per viltade o coraggio fece il gran rifiuto, con papa Francesco, per la prima volta forse da Costantino in avanti, il papa sembra scendere sulla terra.
È sicuramente ancora presto perché lo stile comunicativo si tramuti in cambiamenti e decisioni concrete, ma evidentemente un portone, anche di attese, speranze, si è spalancato. È troppo intelligente Bergoglio per non sapere che non basta giggioneggiare con un buongiorno o un buon pranzo, mandando in visibilio media e fedeli, per marcare un cambio concreto. È troppo intelligente per non sapere che da quel portone spalancato dovranno presto uscire contenuti concreti perché altrimenti, la semplice rinuncia ai parafernali si tradurrebbe in un vuoto non colmato.
Sa bene il Papa che il sostantivo “aggiornamento”, venuto dal Concilio Vaticano II, è uno dei pochi italianismi che nell’ultimo secolo la nostra lingua, ormai marginale, ha saputo esportare nel mondo. Si rende conto che l’ “aggiornamento” al quale è chiamato non potrà essere solo stilistico. Altrimenti quel papa così umano da sembrare rinunciare all’essere tramite tra cielo e terra, da rinunciare alla sacralità del suo ruolo, ch’è fatta anche di simboli e prese di distanza dal mondo terreno, risulterà essere solo immagine. E la delusione sarà cocente.