Dopo François Hollande a Parigi anche Barack Obama a Washington, sfruttando uno dei pochi spazi concessi da un’elezione risicata, conta di ridurre il deficit facendolo pagare (almeno un po’) ai ricchi. In Grecia la linea del Piave è sul far pagare i molti per salvare i pochi ma, quando il fiume tracimerà, non si potrà non andare in questa direzione. In Italia, salvo i vaneggiamenti neoliberali dei Giannino, tutti sono molto prudenti riproponendo parole d’ordine da primi anni ‘90.
Come per i soldi della casta i ricchi non sarebbero né il problema né la soluzione. Nel programma di Bersani la parola “tasse” non compare, un’elusione significativa. Poche parole stantie sono spese su generiche promesse di lotta all’evasione, e spostamento dal lavoro alle rendite. Cose che probabilmente diceva anche la buonanima di Mariano Rumor. Poveretto Bersani, cammina sulle uova, bisogna capirlo e pur di non farsi mettere in un angolo è disposto pure a tenersi Passera e Fornero.
Il solo Nichi Vendola ha il merito di fare numeri precisi, che sembrano ispirati dalla Francia (75% oltre il milione), ma che guardano bene a una riduzione di cinque punti per le classi medie abbassandole almeno un po’ alla stragrande maggioranza di cittadini sotto i 100.000 € di reddito. Non è poco, senza essere una rivoluzione, ma Nichi non vincerà. La redistribuzione fiscale in Italia, possibile perfino negli Stati Uniti dove la ricchezza è il segno del favore divino, è ridotta a un’ipotesi testimoniale?