Sono davvero degli analfabeti della democrazia i Fioroni e gli Enrico Letta che si oppongono alla semplice candidatura di Nichi Vendola alle primarie del centro-sinistra in quanto non sarebbe perfettamente omologato alle tavole di Mosé soprannominate “Agenda Monti”.
In democrazia -se ancora qualcosa ne resta- ci si confronta su idee diverse ed infine si vota per scegliere il migliore candidato. Avete paura che dalle urne possa uscire un governo diverso da quello Monti che spacciate per il fine ultimo dell’umanità: fate un giro di telefonate e organizzate un colpo di stato, i contatti non vi mancano. Altrimenti sottoponetevi, ahimè con buone possibilità di successo, al giudizio degli elettori.
Alle primarie statunitensi, s’è presentato più d’una volta un pastore luterano nero di nome Jessie Jackson (foto con Obama). Era praticamente un… comunista. Nell’84 arrivò a prendere 3.5 milioni di voti alle primarie con quasi il 20% di voti. Nessuno si scandalizzò. Si confrontarono a lungo su opzioni molto differenti e infine fu scelto Walter Mondale, che era stato vice di Carter, che fu spazzato via da Reagan. Forse Jackson avrebbe fatto miglior figura.
Cosa c’è di strano nell’accettare candidature non omologhe se non un’indisponibilità a prendere in considerazione punti di vista diversi rispetto alla presunta oggettività dell’imperio dell’economia sulla politica? Il Monti-bis che verrà (perché verrà, temo) per i Fioroni e i Letta è l’occasione di rendere eterne le loro posizioni di potere, avere un ministero, una presidenza, una commissione…
Rifiutare di discutere su diverse opzioni di paese, quanto diverse poi bisognerebbe vedere in tempi di crisi, vuol dire innanzitutto far quadrato sulla casta esistente, della quale sono membri in servizio permanente effettivo. Non è stato Letta a dire ripetutamente che il PDL (quello di Fiorito!) è meglio di M5S?
Arroccandosi sull’ortodossia montiana puntano a resistere a oltranza nel palazzo, a spostare la discussione su sterili questioni generazionali e su alchimie elettoralistiche. D’altra parte l’entusiasmo che mostrano certi intellettuali di destra, come Alessandro Campi o Sofia Ventura per Matteo Renzi testimoniano da una parte una diffusa politica di entrismo verso il centro-sinistra, dall’altra che tale entrismo non passi per questioni programmatiche ma per il nuovismo. Renzi nuovo, Bersani vecchio (con il peso degli odiatissimi dirigenti storici), Vendola arcaico, Di Pietro rejetto, Grillo eversore. È su questi parametri che si corre verso il baratro che non è in novembre ma in primavera.
Piuttosto dovrebbero preoccuparsi gli elettori di SEL. Nella candidatura di Vendola c’è soprattutto la vocazione di SEL a essere stampella del PD limitando l’emorragia a sinistra in cambio di qualche seggio. Scrive in maniera intelligente Lorenzo Rossi sulla mia bacheca Facebook: “Vendola partecipandovi (e arrivando probabilemente terzo come mostrano tutti i sondaggi) sigla la sua rottura definitiva a sinistra con Idv e Fed della Sinistra, firmerà probabilmente un documento nel quale confermerà gli impegni europei sottoscritti da Monti (lo diceva ieri la Sereni del Pd), e ancor più importante si imbarca in un’alleanza post elettorale con l’Udc poiché con qualsiasi legge elettorale si voti non ci sarà maggioranza Pd-Sel in entrambe le Camere?
Anche io non sopporto Fioroni, ma basta che non mi ci alleo per non dargli importanza”.
Chissà se ha del tutto ragione. Sono vent’anni che si ragione sull’alleanza col PDS-DS-PD per tenere il centro-sinistra a sinistra. I risultati sono stati ben modesti sia per chi è stato dentro che per chi se n’è tenuto fuori.