Sembre una notizia piccola ma induce a riflessioni importanti. Il governo di Città del Messico di centro sinistra, presieduto da Marcelo Ebrard, ha accettato finanziamenti per tre milioni di dollari per costruire in pieno Paseo Reforma (una delle strade più importanti della metropoli) una statua in onore del presidente dell’Azerbaijan Heydar Aliyev, passato a miglior vita nel 2003.
Qualcuno considera (esagerando) Aliyev un novello Hitler, ma di sicuro non è stato un fiore di democratico. Ex-generale sovietico ha governato il paese per trent’anni con pugno di ferro. La cosa ispira alcune considerazioni contrastanti l’una con l’altra.
1) Il Messico (solo il Messico?) sceglie perfino chi onorare e chi no sulla base di finanziamenti di altri Stati. Le ferree regole degli investimenti internazionali si estendono dal mondo del lavoro, con la destrutturazione totale di questo, ai monumenti e al decoro urbano.
2) Stiamo qui ad indignarci (un po’) perché è un remoto stato dell’Asia post-sovietica a fare politica della memoria in pieno Occidente ma ci risulta normale che le strade e le piazze del mondo siano piene di simboli di “civilizzatori” occidentali.
3) La nostra sensibilità verso dittatori e violazioni dei diritti umani è proporzionale all’attenzione mediatica che il complesso disinformativo mainstream decide di dare. Le fosse comuni in Colombia o in Messico non esistono. Ognuno ha il suo genocidio da ricordare ma nega o minimizza quelli altrui. La nostra è informazione, l’altrui è propaganda. Gheddafi era buono finché non abbiamo deciso che diventasse cattivo. Aliyev (o Putin, o Lukashenko) sono cattivi, ma solo fintanto che non compreranno la nostra memoria.