Chi muore, come Miguel Ángel Blanco, un ragazzo di 29 anni che militava nel PP, o Isaías Carrasco, un giovane di 42 anni che militava nel PSOE, ammazzato oggi, non conta nulla.
E’ facile sparare nel mucchio. E se qualcuno ha ancora un’idea romantica dell’ETA, o ricorda l’eroica azione che giustiziò il delfino di Franco, Luís Carrero Blanco, farebbe bene a riconsiderarla.
Per sparare un colpo alla nuca di un disgraziato non serve nulla, né logistica, né organizzazione, né consenso politico. Non serve neanche un obbiettivo. Né per scegliere la nuca da far saltare mentre esce di casa con moglie e figlia. Né un disegno politico, un fine superiore che giustifichi il mezzo.
Al massimo serve a lanciare un avvertimento mafioso, ai politici baschi o agli imprenditori che pagano le tangenti: siete tutti sotto mira. Al massimo la logica militarista serve a coprire chi manovra pochi cani sciolti, a stendere una cappa di legge e ordine sulla testa delle Euskadi e della Spagna tutta.
A chi giova questa morte a 48 ore dalle elezioni politiche spagnole? Forse al PP, che critica il governo di Rodríguez Zapatero per il dialogo con ETA. Forse al PSOE, visto che la vittima è socialista.
Palesemente questa morte macchia di sangue ma non cambia l’esito delle elezioni. Ne impedisce il regolare svolgimento come già avvenne per quelle del 1996 e quelle del 2004, ma non trasforma l’esistente. Anzi, lo fa regredire. E questa è la chiave. Che chi ha premuto il grilletto lo capisca o no.