La parola democrazia è una delle più abusate del vocabolario. Erano democrazie popolari quelle dove tutti pensavano la stessa cosa ed una democrazia liberale quella statunitense, dove la maggioranza è troppo occupata a sopravvivere e votano e decidono solo quelli che stanno bene.
Ma c’è un abuso del termine democrazia che in queste ore mi sembra che sia paradossale. In molti, in troppi media, troppi commentatori, definiscono il conclave un sistema di voto democratico. Spero che siano affascinati dalle schede elettorali, l’unico fattore che distingue una democrazia da una dittatura nei nostri tempi, o spero che lo dicano senza rifletterci.
Ma il conclave non è un’elezione democratica. E forse, vista l’insistenza con la quale viene presentato come tale sarà il caso di ribadire perché.
I grandi elettori, i cardinali, sono 115, su di una popolazione di battezzati valutata in oltre un miliardo di persone. Ovvero vi è un cardinale ogni dieci milioni di cattolici. Ovviamente i cardinali -e i papi- appartengono tutti allo stesso sesso, impedendo all’altro, che pure esprime la maggioranza dei credenti, qualunque tipo di carriera e di potere decisionale. Ma vi è di più.
Tutta, assolutamente tutta la carriera di un cardinale è avvenuta per cooptazione, dai gradi più bassi fino al più alto. Pochi ordini monastici eleggono i loro dirigenti, ma la scelta di vescovi e cardinali non avviene con questi criteri. Inoltre 113 dei 115 partecipanti sono stati scelti direttamente da Karol Wojityla che ha anche nominato migliaia di vescovi che faranno da nerbo per i conclave a venire. Ovvero, il 99% dei cardinali è stato nominato da una sola persona, un monarca assoluto, che pertanto non ammette né controlli né contrappesi alle proprie decisioni.
Penso che nessuno abbia il diritto di criticare il modo come la chiesa cattolica coopta la propria classe dirigente o nomina il proprio capo, ma usare il termine democrazia, proprio nessuno ha il diritto di usarlo.