Enza Cappuccio, una ragazza di 33 anni di Marano, è la dodicesima vittima di femminicidio in Italia nei primi 15 giorni del 2012.
La notizia non sfonda tra l’affondamento del Titanic e il rating del paese mandato in serie B dalle valutazioni interessate della S&P. Ma è in serie C l’Italia per femminicidi, a nord, a sud, nel centro Italia, da Monza a Civitanova Marche, da Trapani ad Avellino, giovani, vecchi, di mezza età, colti e analfabeti, mariti incazzosi o depressi, compagni e fidanzati promossi o respinti, con e senza account Facebook sul quale depistare le indagini.
È una guerra non dichiarata, che compete con gli omicidi a sfondo criminalità e oramai si avvicina per numeri ai morti sul lavoro. 122 nel 2009, 113 nel 2010, 137 nel 2011, e il 2012 è iniziato con una media più che doppia.
Il mainstream fa il minimo indispensabile, sciattamente, omissivamente, di fronte a notizie che non rendono o che peggio mettono in dubbio interessi e visioni dominanti, dove il male viene da fuori e la famiglia sarebbe un’oasi di pace. E poi, in fondo, sono cose di routine, l’assassino si trova subito e ancora sporco di sangue, o addirittura porta la moglie strangolata in ospedale, come nel caso di Enza Cappuccio. Routine, appunto, a meno che il movente non sia che lei, musulmana, “volesse vivere all’Occidentale”.
In quel caso, vero o più spesso presunto o semplificato, si scatenano. In realtà, come sempre, il totem dell’etnia, non ha nulla a che vedere e semmai bisognerebbe parlare di scontro con la modernità dei diritti. Comunque, c’è a chi piace saperlo, dieci degli assassini sarebbero italiani di tutte le etnie, uno sarebbe del Bangladesh e il dodicesimo un egiziano accusato di aver ucciso una lavoratrice sessuale, l’unico dei dodici femminicidi non avvenuto in ambito familiare.
Merito, molto merito a Femminismo a Sud, a Bollettino di guerra e a tutti i siti partecipativi che fanno da “servizio pubblico” in luogo del mainstream.