Non avrei mai preso un caffé con Mirko Tremaglia. Fascista, repubblichino, ancora nel 2008 definì l’antifascismo un disvalore. Detto questo Mirko Tremaglia, scomparso oggi, ha combattuto per trent’anni –a lungo in grande solitudine- e infine vinto la meritoria battaglia per il voto agli italiani all’estero, dimostrandosi ben più avanti dello straordinario ritardo culturale mostrato da sempre dalla sinistra in merito.
Con il suo impegno oggi ogni cittadino italiano può esercitare il proprio diritto di voto. Mentre Tremaglia batteva palmo a palmo il mondo dell’emigrazione, dall’Argentina al Belgio, dall’Australia agli Stati Uniti, a sinistra si continuava a irridere e a discriminare italiano da italiano e a sminuire il valore stesso della cittadinanza mettendo intollerabili condizioni e impedendo l’esercizio del diritto di voto. A chi scrive, che in pubblico e in privato faceva notare che gli italiani di Buenos Aires o di Melbourne fossero cittadini –se la cittadinanza ha un senso- esattamente come quelli di Torino o di Bari, venivano sempre opposte le solite beote risposte. Deve votare –mi si diceva- chi vive sul posto e paga le conseguenze del suo voto. Come se uno spettatore del TG4 abbia il polso dell’Italia reale più di chi vive a Londra o Bruxelles.
Anche quando nel 2006 Romano Prodi vinse solo per il massiccio apporto degli italiani all’estero, che chissà perché si pensavano tutti vecchi nostalgici del ventennio e invece votarono in maggioranza per il centro-sinistra, in pochi fecero autocritica e accumularono ritardo a ritardo in una riforma ineludibile del diritto alla cittadinanza.
Lo Ius Sanguinis all’italiana va profondamente riformato. Oggi un discendente dominicano di Cristoforo Colombo (ma solo in linea maschile) potrebbe rivendicare la propria cittadinanza italiana ed è un assurdo. Tale italianità andrebbe senz’altro limitata a due o tre generazioni al massimo ma l’insipienza della politica e l’incapacità di questa di risolvere il nodo dello Ius soli (i nuovi italiani immigrati) non può ricadere su chi il passaporto italiano, a ragione o torto, lo ha già. In questo Tremaglia, unico tra i suoi ad opporsi alla bestialità del reato di immigrazione clandestina, vedeva ben più lontano di molti.