Pietro Folena, un esponente relativamente importante del correntone, ha lasciato i DS.
E’ ineludibile notare che, nel momento in cui, alla vigilia di tornare al governo, la sinistra DS cominci a perdere pezzi, è innanzitutto perché questa è sconfitta e minoritaria dentro il partito.
E che il partito abbia nel frattempo continuato a correre verso il centro. Ancora due anni fa questa poteva ancora sperare di dare battaglia per divenire maggioranza ed oggi ne è da questa, consolidata, marginalizzata.
Da quel famoso febbraio morettiano del 2002, gli apparati hanno fatto quadrato, e il programma che si prepara è un compromesso ancora di più al ribasso rispetto a quelli del 2001, 1996, 1994.
Folena parla di teste di ponte, e anche di “truppe della sinistra”, un linguaggio non bello anche per chi ha rivisto criticamente il suo appoggio alla carneficina balcanica. Preferisco parlare di reti. E però mi rendo conto che se invece di reti si tratta di tiro alla fune, la maggioranza tira e alla minoranza non resta altro che farsi tirare.
Ma tra una riva e l’altra c’è la piena e chi si fa tirare sempre, rischia di affogare in mezzo al guado o di dovere saltare rapidamente sull’altra riva. Gli apparati hanno vinto.
D’altro lato, è vero che il culto acritico della memoria sia un rischio, ma non grave come la cancellazione di questa, ma proprio il dover ragionare sempre come se il mondo fosse cominciato nel 1989, che è lo spartiacque imposto dal riformismo odierno, impedisce un dibattito critico che parta dal ‘900 e guardi al futuro.