Lo spettacolo da Bagaglino del congresso del “Movimento di responsabilità nazionale” ci ha riportato alla realtà. Mezza settimana a discettare di black bloc, l’altra mezza a bearsi scandalizzandosi con le immagini dell’omicidio di Gheddafi e poi Domenico Scilipoti ci riporta alla realtà con le sue truppe cammellate imbarcate da chissà dove. Mancava che offrisse solo “cchiù pilu pe’ tutti” con Silvio Berlusconi che continua a recitare sé stesso (che palle Giuliano Ferrara o altro ghost writer a scrivergli quella stantia sequenza di “mi hanno aggredito) e ad annunciare mirabolanti riforme in una paralisi sempre più totale. Intanto in un altro posto della capitale i giovani imprenditori di Confindustria chiedono di “invertire la rotta”. Maddai, magari ci fosse una rotta!
Pacatamente mi domando (e scusatemi se la mia domanda sa di antico) che meriti hanno i giovani confindustriali per chiedere alcunché se non lo star seduti sul giocattolino della ricchezza regalato da papà. Cos’hanno innovato in prima persona e cosa innovano e soprattutto cosa propongono di nuovo se non la stessa ricetta di sempre: meno tasse per loro e meno servizi per chi non se li può permettere e la manina benevola dello Stato per risolvere (usando la clava della crisi) a loro vantaggio ogni conflitto tra capitale e lavoro.
Nessuno escluso, o nominatemeli, sono dal primo all’ultimo figli di altri che quella ricchezza hanno creato (non mi interessa qui discutere come) che si riuniscono in Confindustria come i black bloc si riuniscono in qualche birreria, il che rappresenta la realtà castale di un paese immobile. Qualcuno di loro, non illudetevi, sarà candidato dal centrosinistra alle prossime elezioni, altro finto nuovo che avanza alla Massimo Calearo e magari qualcun altro si sistemerà con Scilipoti. Anche per loro meglio una pensione parlamentare che fare impresa.
I giovani imprenditori sono gli Steve Jobs, non i nostri. I giovani imprenditori sono i Sergey Brin, immigrato dalla Russia ancora bambino e oggi non ancora quarantenne padrone della fortuna di Google. Sono quelli che partono da lontano e arrivano lontano, non quelli che beneficiano di fortune altrui, magari usandole bene, ma difficilmente creandone. Anzi, spesso partono da vicino e vanno lontano, delocalizzando. È di forze nuove davvero che avremmo bisogno, forze che pongano i temi dell’inclusione al primo posto, non per ideologia ma perché al paese conviene, perché solo favorendo l’inclusione, dando opportunità, possiamo uscirne. Invece chiunque a voce in capitolo in questo paese sembra innanzitutto preservare le rendite di posizione.
Ma già… da noi i figli degli industriali fanno gli industriali, i figli dei notai i notai, i figli dei farmacisti i farmacisti e Sergey Brin neanche sarebbe stato ammesso in Confindustria, perché lo avremmo obbligato a passare le giornate in coda fuori dalla Questura (pioggia, vento, sole, che ci importa) a rinnovare il permesso di soggiorno.
La nostra realtà è questa. Le forze migliori costrette al precariato, il Trota Bossi sistemato da papà (e i trota figli di primari, architetti, ingegneri sono milioni), Roma che affoga sotto un acquazzone che fa decine di volte i danni dei bb, Scilipoti e Berlusconi che inscenano l’ennesima gag e le stesse 200 o 2000 famiglie che si palleggiano il potere da venti o trenta secoli. Un paese disperante.