L’unica cosa sicura è che soprattutto la vita di Clara Rojas, la madre del piccolo Emmanuel, è in pericolo come mai prima d’ora. Metterla a tacere per sempre, tanto da parte delle FARC come da parte del governo di Álvaro Uribe, è senz’altro la soluzione più semplice. Cosa vuoi che sia un morto in più in un paese che si dissangua da mezzo secolo?
Cerchiamo di ricapitolare sfrondando. Secondo quanto ammettono adesso le stesse FARC, in un comunicato per il quale non vi è altro aggettivo possibile che “farneticante”, il bambino Emmanuel, figlio di Clara Rojas, la più stretta collaboratrice di Ingrid Betancourt, non era già più con la madre da circa due anni.
Dunque le FARC hanno fatto mobilitare i governi di otto paesi, Francia, Svizzera e i sei più importanti latinoamericani, la Croce Rossa internazionale, sulla base di un falso. Nella migliore delle ipotesi supponevano di poter recuperare il bambino, ma non ne sono stati in grado e
non vale la pena di elencare le testimonianze in un senso e nel suo esatto contrario che si sono alternate in queste ore. Nella migliore delle ipotesi hanno giocato d’azzardo, esponendo ad una sconfitta tutti quelli che si spendono per una soluzione pacifica del conflitto colombiano.
La giustificazione che il bambino sarebbe stato sequestrato da Uribe nel centro di accoglienza dove loro lo avevano fatto ricoverare due anni fa è francamente patetica. Le FARC dimostrano una volta di più di essere un’organizzazione che sopravvive a se stessa, pesantemente infiltrata come le BR al tempo di Moretti, racchiusi in una logica e perfino in un’estetica militarista oramai incapace di valutare il contesto politico nel quale combattono e che ha come conseguenza il mantenere la Colombia in uno stato di guerra permanenente che impedisce alla rigogliosa società civile colombiana di democratizzare il paese, in maniera uguale e contraria a quanto fanno i paracos che esprimono la presidenza Uribe.
IL PARAMILITARE Le responsabilità evidenti delle FARC impallidiscono però di fronte a quelle di Uribe, che ha fatto di tutto per boicottare la liberazione dei tre. E’ infatti confermato dallo stesso esercito colombiano, che nelle ore nelle quali si supponeva che i tre ostaggi fossero sul punto di essere liberati, e nelle quali il governo colombiano aveva dovuto di malavoglia accettare di permettere l’operazione di riscatto, questo ha deliberatamente e pesantemente attaccato la guerriglia.
Fonti accreditate del ministero della difesa colombiano filtrano (e se ne vantano) che fossero al corrente dell’ubicazione del piccolo Emmanuel fin dal 30 novembre scorso. Se è vero, ed è probabilmente vero, questo significa che il Governo Uribe ha messo in piedi uno sporco piano per esporre ad un fallimento non tanto le FARC ma l’intera comunità internazionale, che si è mobilitata, partendo dall’odiato Chávez per finire a Nicolas Sarkozy, passando per il governo brasiliano e tutti gli altri paesi della regione, che sono e saranno parte in causa di ogni processo di pace possibile in Colombia.
Questi, se solo avessero sospettato che il bambino protagonista dell’ “Operazione Emmanuel” non fosse riscattabile, ma anzi già liberato, mai e poi mai sarebbero arrivati allo straordinario dispiegamento di altissimi rappresentanti diplomatici degli otto paesi giunti in Colombia, tra i quali l’ex-presidente argentino Nestor Kirchner, che si è espresso con termini furiosi contro Uribe. Il presidente colombiano ha mille volte mostrato sprezzo per la vita come quando ha pagato una banda di mercenari per assassinare gli 11 deputati ostaggi delle FARC per poterne incolpare questa organizzazione. Perciò la vita di Clara Rojas e anche quella di Ingrid Betancourt non è mai stata così a rischio come in queste ore.
Che Uribe abbia mantenuto segreto per 35 giorni il fatto di conoscere identità e ubicazione del bambino dimostra l’ennesimo cinico, sinistro disegno dell’Asse Bogotà-Washington, interno al Plan Colombia, nel quale il semplice impedire sulla pelle degli ostaggi un successo diplomatico al presidente venezuelano Hugo Chávez sarebbe un ben meschino risultato rispetto al disegno principale: impedire qualunque processo di pace in Colombia.
E anche se invece la notizia di Emmanuel fosse giunta a Uribe nelle ore nelle quali l’ha annunciata al mondo, la maniera con la quale ha giocato il caso, lo straordinario disprezzo mostrato comunque verso gli otto paesi, la Croce Rossa e l’intera comunità internazionale e il trattare (a tutt’oggi) il bambino Emmanuel come una sua disponibilità personale, impedendo finora qualunque controllo o contranalisi del DNA, testimoniano l’irrisolvibilità del caso colombiano finché permarrà al potere il partito della guerra.
Uribe ha fatto di tutto per boicottare la liberazione dei tre perché solo la logica della “guerra al terrorismo” può mantenere al potere l’ultimo rappresentante nel continente del neoliberismo più ortodosso, modellato oggi sulla guerra al terrorismo voluta da George Bush e del quale la Colombia dei 4 milioni di profughi (più che in ogni altro paese al mondo, dall’Iraq, all’Afghanistan alla Somalia) è il più drammatico dei fallimenti, o successi, se l’obbiettivo è invece la guerra permanente teorizzata dai neoconservatori.
Purtroppo in molti modi Uribe e le FARC sono due facce della stessa medaglia e tengono in ostaggio Clara, Ingrid, gli altri 42 ostaggi canjeables, scambiabili, 47 milioni di colombiani e tutto il continente che nell’ultimo decennio ha deciso di voltare pagina. Come Bush e Ahmadinejad sono due facce dello stesso fondamentalismo, anche Uribe e Marulanda (il capo delle FARC) non sanno e non vogliono parlare altro linguaggio che quello della guerra, perché senza guerra non esisterebbero, non esisterebbe il potere del narcotraffico, non esisterebbero le enormi rendite da genocidio che convogliano sulla Colombia miliardi di dollari in aiuti militari all’anno.
Le FARC possono recuperare un minimo di credibilità in un solo modo: liberando immediatamente Clara Rojas e Consuelo González de Perdomo. Allo stesso modo il piccolo Emmanuel deve essere restituito oggi stesso da Uribe ai familiari, nella speranza che possa riunirsi presto con la madre. Allontanare, svincolare le liberazioni dalla missione internazionale è una scelta grave che indica che tanto le FARC come il partito paramilitare di Uribe vuole che la Colombia lavi i panni sporchi in famiglia. Con più sangue.
E di fronte alla prospettiva di una comunità internazionale che si attiva e che parte da Caracas per estendersi da Buenos Aires a Berna, da Brasilia a Parigi per aprire una prospettiva di dialogo e di pace, questa non poteva non essere fatta abortire, con ogni mezzo, sulla pelle di Clara Rojas, Pablo Emilio Moncayo, Ingrid Betancourt il piccolo Emmanuel e tutti gli altri sequestrati.