Silvio Berlusconi appena ieri aveva promesso di tirare l’osso di cento milioni di Euro al nuovo governo tunisino in cambio del riprendere a reprimere, bastonare, incarcerare, torturare, se d’uopo ammazzare i migranti. Basta che non si vedano al TG.
In fondo era quel che aveva sempre fatto il Vopos Ben Alì in nome e per conto dell’Europa: violare i diritti umani, innanzitutto quello a migrare, per interposta persona.
Il meccanismo era perfetto, dei Vopos di Erich Honecker ci indignavamo, delle “vite degli altri” tedesco-orientali ci importava e fremevamo per i loro tentativi di raggiungere la libertà scavalcando quel simbolo intellegibile che era il muro di Berlino. Al contrario, per i Vopos di Ben Alì, occhio non vede, cuore non duole e delle “vite degli altri” tunisini preferivamo non sapere, né se venivano incarcerati né se affogavano nel muro non intellegibile del Canale di Sicilia nel tentativo di raggiungere una libertà che dovevamo supporre diversa da quella cercata da chi fuggiva dalla DDR.
Così, mentre Silvio Berlusconi tirava l’osso di cento milioni di Euro al nuovo governo tunisino, questo, con molta dignità, ha risposto che loro, molto umilmente, poveramente, stanno assistendo ben 150.000 profughi libici e proprio non capiscono come uno dei paesi più ricchi del mondo sia così in difficoltà per accogliere appena 20.000 ragazzi tunisini in tre mesi. E’ qualcosa di incomprensibile per la nostra cultura dominante quest’idea che le persone vadano e vengano, accolgano e vengano accolte, partano e tornino, senza guardare al colore della pelle o al luogo di nascita. Loro vivono in un crocevia del mondo, noi in una fortezza che vogliamo inespugnabile dall’altro.
In questi giorni il complesso disinformativo, che in gennaio mollò Ben Alì in cinque minuti facendo finta di non averlo mai conosciuto, ci ha imbottito di menzogne sul Nord Africa, sulla Tunisia e sui ragazzi tunisini. Tra quelle più infami quella per la quale, avendo finalmente raggiunto la libertà in patria, i nordafricani non avrebbero più bisogno di emigrare e quindi, quelli che lo fanno, sarebbero avventurieri o peggio, da temere e da respingere.
Nessuno ci racconta che invece la principale libertà conculcata dall’ex-dittatore era proprio quella di scappare, quella di andare felici a conoscere quel mondo che noi portavamo nelle loro televisioni. Non ce lo raccontano perché nessuno deve sapere che Honecker e Ben Alì sono due facce della stessa medaglia. Nessuno ci racconta che per quei ragazzi la principale libertà conquistata abbattendo il tiranno nostro amico era proprio quella di viaggiare, di tentare la sorte, che è quello che stanno facendo migliaia di ragazzini tunisini così come fanno i loro coetanei europei ai quali (che roba contessa!) non si sentono inferiori.
E allora il problema è il nostro scandaloso complesso di superiorità, la nostra scandalosa convinzione di non potere e non volere accogliere, come la Tunisia ha fatto con i libici. E’ così difficile da capire che per quei ragazzi il simbolo della dittatura era un Vopos sul molo del porto di Zarzis e il simbolo della libertà è invece un barcone in corsa verso il futuro?