Lo scrivono con punti di vista diversi fonti lontanissime come il neoliberale “Economist” o il media partecipativo vicino ai Fori Sociali Mondiali “Carta Maior”. Per il Brasile la scoperta a partire dal 2007 dei giacimenti petroliferi oceanici del pré-sal sta rappresentando la stessa spinta ad una rivoluzione tecnologica quale quella della corsa alla luna per gli Stati Uniti negli anni ‘60. Al momento infatti vi sarebbero ben 85 tra università e centri di ricerca all’opera nello studio di brevetti innovativi utili e solo l’installazione dei due nuovi laboratori di Petrobras aperti a Río de Janeiro è costata 50 milioni di dollari.Il pré-sal, petrolio sottomarino sfruttabile solo con altissima tecnologia e che giace a 6.000 metri di profondità nella fascia al largo di una zona vastissima nel centro del Brasile, porterebbe infatti il Brasile ad avere riserve comparabili a quelle dell’Arabia Saudita e ad essere protagonista dell’ultima fase della storia petrolifera dell’umanità. Due punti sono centrali nella questione e sono concatenati. Il primo è il dibattito sulla sovranità. L’ “Economist” critica ferocemente la grande potenza australe perché tanto il governo come la compagnia pubblica Petrobras impedirebbero alle multinazionali straniere di saccheggiare liberamente la ricchezza brasiliana. La scusa è sempre quella: i paesi in via di sviluppo avrebbero bisogno della “collaborazione” tecnologica delle grandi multinazionali che al tempo di Enrico Mattei chiamavano le “sette sorelle”.
Dal Brasile, un paese che, pur restando in un contesto liberal-capitalista, sta riscrivendo criticamente molti paradigmi neoliberali, si sta già rispondendo: il gap tecnologico lo colmiamo noi, lo stiamo già colmando. In un paese che negli ultimi sette anni ha raddoppiato gli investimenti statali in molteplici settori, dalle infrastrutture alla formazione e ricerca, molto resta da fare. Il numero di laureati per abitante è ancora un decimo di quello della Germania e il numero di ricercatori è di un quarto rispetto a quello degli Stati Uniti. Allora, oltre alla fortissima attenzione del governo ad accelerare lo sviluppo attraverso l’investimento in ricerca, proprio il petrolio del pré-sal rappresenterebbe l’occasione storica per coinvolgere l’iniziativa privata nazionale in un salto di qualità che la faccia protagonista dello sviluppo attraverso massicci investimenti in ricerca scientifica e tecnologica. In Brasile da decenni si produce di tutto, dai computer ai satelliti da mettere in orbita. Ma fino ad ora non si era prodotta innovazione tecnologica. Le imprese compravano brevetti dall’estero ma non innovavano, almeno non ad alti livelli. La combinazione tra l’opportunità di ritorno economico rappresentanto dal pré-sal e la protezione statale stanno rappresentando il volano definitivo per fare del Brasile uno dei paesi tecnologicamente più avanzati al mondo.