Non so bene perché ma la redazione genovese di Genova de La Repubblica riesce a lavare le onte delle quali si copre la redazione romana. Capisco che i genovesi non si riconosceranno sempre in questa sensazione, ma ricordo la gratitudine che sentivo nei giorni del G8 per il Secolo XIX e per le televisioni private genovesi che mostravano almeno una versione equilibrata e non completamente falsa dei fatti come facevano dal TG1 al TG5. Mostravano quello che io vedevo con i miei occhi mentre i media mainstream mostravano una versione totalmente falsa degli eventi.
Quella che recupero, a firma Massimo Calandri, un recidivo, è l’ennesima storia di razzismo, e di abusi e violenze poliziesche. Ma con il lieto fine della condanna dei poliziotti che sono stati condannati a risarcire il cittadino marocchino che avevano massacrato e che avevano poi diffamato.
Era stato fermato senza motivo. Agli agenti inflitti anche due anni di reclusione
MASSIMO CALANDRI
L´ASSOLUZIONE di un falegname marocchino di 44 anni, pronunciata ieri dal giudice Emilio Gatti, è l´ultimo capitolo di una brutta pagina della polizia genovese. Un genere di storia che da qualche anno si ripete con inquietante frequenza nel capoluogo ligure. Lo straniero era stato accusato di resistenza e lesioni dai due agenti che lo avevano fermato. «Il fatto non sussiste», ha invece stabilito il tribunale, smentendo – con tanto di testimoni – la tesi degli appartenenti alle forze dell´ordine.Ma c´è dell´altro, purtroppo. Perché il giorno del fermo, il nordafricano fu portato in una cella di sicurezza della questura. E picchiato con tanta violenza che gli spappolarono la milza. Operato d´urgenza, lo straniero è oggi un invalido. I due poliziotti, che lo accusavano ingiustamente di aver «resistito», sono stati condannati a due anni di reclusione (con la condizionale). Non lavorano più a Genova. Dovranno risarcire il falegname, che attraverso il suo avvocato chiede 250.000 euro. Anche in questo caso i giudici gli hanno dato ragione, fissando per il momento una provvisionale – da liquidare al più presto – di 40.000 euro.
Sono sempre più numerose le denunce presentate da cittadini extracomunitari, che lamentano soprusi e violenze da parte della polizia. La conferma arriva dai legali che tutelano le associazioni degli stranieri, e dalla stessa procura genovese. Il caso di I. V., difeso dall´avvocato Graziella Delfino, è però esemplare. Marocchino da quindici anni regolarmente residente in Italia, in possesso di un permesso di soggiorno e di una carta d´identità italiana, falegname specializzato nella costruzione di imbarcazioni, sposato e padre di due bambini. Questo è il nostro uomo. Che in un giorno di festa, sale a bordo di un autobus cittadino. Vorrebbe obliterare il biglietto, ma davanti alla macchinetta ci sono due poliziotti in divisa.
Sorride, si rivolge a quelli con una battuta: «Ma lavorate anche oggi?». E però gli agenti non la prendono bene. Per niente. Gli intimano di scendere dal bus, chiedono i documenti. I. V. mostra la carta d´identità. Non ha con sé il permesso di soggiorno, ma basterebbe una verifica via-radio per chiarire tutto. Arriva una “volante”. Il falegname viene invitato ad andare con i poliziotti in questura. Comprensibilmente protesta. «Non ho fatto niente», ripete. Finisce il cella di sicurezza, e più tardi viene fatto salire ai piani superiori per il fotosegnalamento. «Si è ribellato, ci ha aggrediti», racconteranno gli agenti. «Ho solo detto che era un´ingiustizia, e loro si sono messi a picchiarmi», risponderà lui.
Pesto e dolorante, il giorno dopo lo straniero si presenta al pronto soccorso. Mezz´ora più tardi è in sala operatoria. La milza è spappolata. Partono due procedimenti: quello avviato dagli agenti, che lo accusano di resistenza e lesioni (uno dei poliziotti presenta un certificato medico: sette giorni di prognosi); quello mandato avanti dal nordafricano grazie all´avvocato Delfino, per lesioni. Ieri il tribunale ha rimesso le cose a posto: il racconto dei poliziotti, secondo cui I.V. era ubriaco e violento, è stato smentito dagli stessi colleghi.