Indignandosi per le scarcerazioni dei fermati di Roma Gianni Alemanno ha colto due occasioni. E’ uscito dall’angolo nel quale si è ficcato per la parentopoli romana, nella quale è coinvolto fino al collo, ed è riuscito a far vedere che anche tra gli ex-fasci filoberlusconiani, quando non vige il garantismo assoluto per chi ruba, nei confronti del conflitto sociale alligna sempre e solo la passione per il manganello.
Eppure proprio lui dovrebbe essere sensibile alla presunzione di innocenza per scontri di piazza. Nel 1982 il ventiquattrenne dirigente del Fronte della Gioventù scontò otto mesi di galera a Rebibbia per essere stato accusato di aver lanciato una molotov contro l’Ambasciata dell’allora Unione Sovietica. Qualche anno dopo, nell’88, Alemanno venne prosciolto per non aver commesso il fatto.
Colpevole o innocente (sicuramente innocente processualmente) dimentica quell’episodio (o furono un rito iniziatico quegli otto mesi in carcere?) e tra il garantismo e il manganello sceglie senza dubitare il secondo. Vedremo cosa farà con parentopoli… si dimetterà davvero?