Sembravano un’anomalia destinata ad essere riassorbita dal modello capitalista. Erano le fabbriche, soprattutto argentine, destinate alla chiusura da imprenditori rapaci pronti a scappare con la cassa al momento del crollo del modello neoliberale nel 2001.
Per una breve stagione furono molto di moda anche da noi, soprattutto seguendo il caso della Zanón, una fabbrica di ceramiche che dà lavoro a circa 1.500 persone a Neuquén, oggi felicemente FaSinPat (Fabbrica Senza Padroni). Ma ora che anche qui sta crollando tutto, non sembrano un’opzione percorribile in Italia.
Invece a dodici anni di distanza dalla prima fabbrica recuperata, molteplici studi, tra i quali uno di Raúl Zibechi, ci mostra che non solo le fabbriche recuperate non erano una stramba utopia frutto della disperazione ma che, liberandosi dei padroni, danno lavoro e stanno perfino sul mercato.
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