CARACAS – L’ultima moda, per le signore di Caracas, San Cristobal o Maracaibo, ma anche per molte che vengono dall’estero, dagli Stati Uniti e dall’Europa, è abbinare la chirurgia plastica al paradiso tropicale della Isla Margarita. Cliniche con servizi a cinque stelle (ma anche a tre se si vuole un po’ tirare) e prestazioni mediche adeguate e all’avanguardia mondiale. Ma per le adolescenti venezuelane è una trappola.
La bellezza femminile statuaria fa parte degli stereotipi nazionali venezuelani come il baseball o il petrolio. Fin dagli anni ’70 una dozzina tra Miss Mondo e Universo hanno trasformato la ricerca della bellezza attraverso la chirurgia in uno sport nazionale che, con il tempo, ha sorpassato le barriere sociali e sta travalicando le barriere dell’età. Sempre più di frequente la chirurgia estetica non cura i segni del tempo, ma i presunti guasti di madre natura. Seni poco ubertosi, ma soprattutto adiposità precoci date dalla cattiva alimentazione, arepas, fritti e bibite gassate di ragazze del popolo. Perché la chirurgia plastica a Caracas, oggi è un bene di consumo ?o ?un male? secondo i punti di vista- alla portata di quasi tutte le tasche e per tutte le età.
Yosmaila non ha ancora 16 anni, e lavora nel negozietto del padre, in una strada rumorosa che sale verso Catia, una delle più grandi favelas del Venezuela. Come in ogni isolato d’America, nel chiosco all’angolo si vende di tutto. E come in tutta l’America e per tutte le classi sociali, il quindicesimo compleanno è quello più importante. E’ l’introduzione dell’adolescente all’età adulta, che inizia ballando il primo valzer rapita al papà emozionato, e vestito come il giorno che la condurrà all’altare.
Per i 15 anni, la famiglia allargata, genitori, nonni, zii, un paio di fratelli maggiori, ha fatto a Yosmaila il regalo più desiderato: un pacchetto tutto compreso di liposuzione, rinoplastica, mastoplastica. Fianchi, pancia, glutei, naso e seni rifatti per via ambulatoriale per un milione e 300.000 Bolivares, meno di 500 Euro. Si trova anche a meno, in cliniche private improbabili, ma la famiglia ha sentito brutte storie e non ha voluto rischiare.
Così Yosmaila alla sua festa si sentiva bellissima, quasi uguale ai modelli che ossessivamente propagandano le televisioni commerciali, che continuano ad essere le vere padrone dell’immaginario collettivo del paese. Ed è così che lei e tutte le sue amiche vogliono essere, uguali alle eroine delle telenovelas che dalla borgata sposeranno il figlio del dottore, o a quelle che ballano il Reggaeton -il più volgare dei generi musicali commerciali- con i video che inquadrano permanentemente le natiche delle ragazze.
Essere bella come il modello consumista delle TV commerciali vuole, non è certo parte di un processo di liberazione e non è un caso che il Venezuela sia uno dei paesi al mondo con i più alti indici di gravidanze adolescenziali. La donna deve essere come l’uomo (e il modello) la vuole: esteticamente adeguata e disponibile altrimenti sarà irrimediabilmente scartata. ?Il messaggio ?ci racconta la sociologa Carolina Corao- è che se non sei magrissima, con dei seni enormi e dei glutei fatti in una certa maniera, sei brutta e nessuno ti vorrà. Per un popolo meticcio, avere un naso sottile e canoni estetici ‘bianchi’ diviene indispensabile: nessuno ti amerà, ma non farai neanche carriera. Così le ragazze vogliono operarsi come risorsa per superare razzismo e maschilismo?. In Venezuela, in 15 anni gli interventi di liposuzione sono aumentati del 400% e la mastoplastica, quasi tutta di aumento, è quintuplicata. ?Quasi tutta la crescita è nella fascia dai 15 ai 30 anni, e il preparare chirurgicamente il corpo all’età adulta sta diventando parte della cultura del rito di passaggio?.
A Yosmaila è andata bene, ma in luglio il presidente dell’associazione venezuelana di chirurghi plastici, Reinaldo Kube, ha lanciato l’ennesimo appello. Sarebbero migliaia i centri non specializzati dove si realizzano interventi di chirurgia estetica, anche complessi, liposuzione, mastoplastica. A operarti può essere anche un semplice massaggiatore, veri apprendisti stregoni. Ogni anno si conterebbero alcuni decessi. Kube racconta di operare almeno “un paio di persone a settimana solo per riparare ai disastri fatti in centri non specializzati”. Curare un intervento mal fatto è molto peggio che intervenire ex novo: “estrarre i polimeri dai tessuti è tra le cose più difficili del nostro lavoro”.
I pazienti che hanno la possibilità economica di mettere rimedio ai guasti non sono molti e addirittura il 20% degli interventi in centri non sicuri si concluderebbe con deformazioni o danni irreversibili. L’occhio femminile e allenato di Carolina Corao, in meno di mezz’ora a passeggio per Caracas, mi fa notare un labbrone improbabilmente dispari, un seno scoppiato (nel senso di almeno una taglia di differenza tra il grande e il piccolo), rughe d’espressione trasformate in bozze di silicone intorno agli occhi. Solo l’ultima è una signora, le altre due sono poco più che bambine. E resteranno così.
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