Gustavo Moncayo, maestro elementare colombiano e padre di un poliziotto da quasi dieci anni sequestrato dai guerriglieri delle FARC, è arrivato a piedi a Bogotà dopo un viaggio di 46 giorni e oltre 1.200 km, per esigere che si realizzi lo scambio umanitario di prigionieri tra governo e guerriglia. A sorpresa il presidente colombiano Alvaro Uribe ha tentato di cooptarlo ed a sorpresa il maestro ha replicato: “queste catene sono contro di lei, presidente Uribe, lei non è il padrone della vita di mio figlio“.
Il maestro Gustavo (nella foto), dopo un viaggio che ha attraversato tutto il paese, si è istallato in una tenda nella Piazza Bolívar della capitale colombiana. Da lì non andrà via che con suo figlio. Lì è piombato il presidente, Alvaro Uribe, che ha provato a trasformare l’evento in una manifestazione di propaganda a suo favore. Non gli è andata bene.
Immaginate un umile maestro elementare, Gustavo Moncayo, faccia a faccia con il Presidente, Alvaro Uribe. Moncayo portava con sé il mandato di due milioni di colombiani che durante il cammino avevano firmato il suo appello. Dopo il colloquio privato, Uribe ha voluto tenere un comizio in diretta radiotelevisiva. Almeno 2.000 persone lo hanno fischiato e gridato slogan “Uribe paramilitare, il popolo è infuriato“.
Uribe a quel punto ha dato ai manifestanti del “sabotatori” e “complici della guerriglia”. Era solo l’inizio per lui. Subito dopo è apparso sul palco Moncayo, abbracciato a sua moglie e in lacrime (nella foto). Uribe stesso gli ha dato allora la parola, pensando evidentemente di poterlo controllare. Ottenuta la parola, Moncayo ha invece accusato il presidente di essere stato lui a sabotare ripetutamente lo scambio umanitario, arrivando perfino ad organizzare un autoattentato, per evitare che si arrivasse all’accordo.
Moncayo portava una maglietta bianca con la foto del figlio ed era incatenato, così come incatenato era partito dal suo paese, 1.200 km prima. Con grande coraggio il maestro ha accusato il presidente di essere colpevole di aver causato la morte di numerosi ostaggi, usando la forza e non il dialogo con le FARC: “queste catene sono contro di lei, presidente Uribe, lei non è il padrone della vita di mio figlio“. Il mese scorso 11 deputati morirono in un drammatico tentativo di liberazione con la forza fallito.
Come se non fosse sufficiente, il maestro Moncayo ha insistito mentre Uribe protestava: “Presidente la sua è una guerra personale, lei vuole solo vendicarsi delle FARC, non vuole arrivare alla pace“. Uribe è infatti da più parti accusato di stare conducendo la politica colombiana rispetto alla guerriglia non in maniera razionale, ma animato da spirito di vendetta verso le FARC. Il presidente accusa il gruppo guerrigliero di aver ucciso suo padre negli anni ’80 del secolo scorso. Intanto, la piazza appoggiava il maestro e continuava a fischiare e contestare il presidente.
Il maestro Moncayo, dopo aver evitato il tentativo di strumentalizzazione da parte di Uribe, resterà nella piazza, fino ad ottenere il suo obbiettivo: lo scambio umanitario. Lì è già stato raggiunto da decine di parenti di sequestrati, in gran parte poliziotti e militari, ma anche parlamentari come la ex-candidata presidenziale Ingrid Betancourt.
La tenda del maestro, Uribe lo aveva capito bene, è da oggi il centro della vita politica colombiana.
Parole chiave: America Latina, Colombia, guerra civile colombiana, diritti umani, Alvaro Uribe, FARC, Gustavo Moncayo
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