Il quotidiano la Repubblica prende una decina di giornaliste (presumibilmente tutte giovani precarie con capacità contrattuale zero) e, le obbliga a descrivere il proprio fondoschiena.
Succede a pagina 178 del supplemento modaiolo Velvet, tuttora in edicola. Scomodano addirittura la nobile dizione di “inchiesta” che un tempo si utilizzava per la mafia o per le morti bianche. La Repubblica non lo chiede certo a Miriam Mafai o a giornaliste affermate come Emanuela Audisio o Conchita de Gregorio, ma l’ “inchiesta sui sederi delle redattrici precarie” di Repubblica fa bella mostra di sé tra gli scempi del quotidiano romano.
Chi sono Isabella Elena Avanzini, Elisabetta Muritti, Simona Silvestris, Angela Croce, Benedetta Ballabio, Suse Uhmann, Katia Brega, Elena Orlandi, Laura Bianchi? Sono ragazze… a mettere i loro nomi in Google si trova ben poco. Firmando su Repubblica la descrizione del loro fondoschiena pensano si apra loro un mondo. Pensano sia lavoro. E Repubblica lo sa e approfitta come un vecchio ruffiano, e porco, della situazione. Forse non sono coscienti dell’umiliazione alla quale sono state sottoposte. Magari si sono anche divertite, le poverette.
“Le mie colleghe che mi chiedono spesso consiglio e qualche volta, calano anche i pantaloni per rendere l’idea… io sorrido e do suggerimenti mirati.” Il mio sedere è altuccio e rotondo, a suo agio nella taglia 40. Come dire, ho avuto culo” scrive la giornalista (?) Angela Croce con rara finezza. “Il mio sedere è fatto di marmo. Non posso farci niente”, ribatte Suse Uhmann mettendo in vendita la miglior merce.
“Culo. Già la parola mi piace, suona morbida e tonda, perfetta per descrivere il mio. Ho sempre pensato che il sedere sia tanto importante quanto la faccia. Per dirla con la matematica, viso:fronte=culo:retro.
Fondamentale quindi. Con gli anni poi ho capito che “tanto” come il mio è bello, non ne vorrei mai uno piatto o secco, così piace solo a chi il sedere non piace. Punto di forza? I due buchini sulla schiena. Fanno parte dell'”armamentario ideale”. Laura Bianchi
Ma non ti vergogni, Laura Bianchi? Sei (sic!) una giornalista, non un’aspirante velina. Ti pagano per scrivere o per descrivere i due buchini sulla schiena? Ma soprattutto, chi comprava La Repubblica negli anni ’70 la compra ancora oggi? Non si vergogna? Non se la fa incartare dal giornalaio come facevano negli anni ’70 con “Le ore”?
Qualcuno continua a cullarsi (e a comprare) per il fatto che La Repubblica attacchi (blandamente) il politico Berlusconi e sia il grande giornale di riferimento degli elettori del Partito Democratico. Ma della cultura berlusconiana Repubblica è oramai la punta di lancia, tanto più acuminata in quanto raggiunge quotidianamente centinaia di migliaia di (teorici) oppositori di quella cultura, sempre più indotti all’integrazione. “Ecco come le ragazze di Velvet raccontano il loro sedere” è il titolo dell’inchiesta (sic!). E’ illusorio pensare che possa anche essere la goccia che fa traboccare il vaso?
Uno non sa se sentirsi più un veterofemminista anni ’70, o un vecchio reazionario, ma è cosciente che entrambe le categorie si troverebbero oggi dalla stessa parte della barricata. Contro la modernità di la Repubblica.
Ringrazio Annalisa Melandri per avermi fatto notare questa perla del giornalismo italiano (di sinistra) all’inizio del secolo XXI.