Si chiamerà il «Cammino del Che», un percorso turistico tropicale sulle tracce del medico argentino-cubano che sognava l’unità latinoamericana e il socialismo. E sarà inaugurato in Bolivia, l’autunno prossimo, in occasione dei 40 anni della morte di Ernesto Guevara.
di Gennaro Carotenuto
Ieri «El Che» avrebbe compiuto 79 anni. Era nato nel 1928 a Rosario, in Argentina. Andò a combattere la sua ultima battaglia in uno dei luoghi più remoti e suggestivi della terra, nel tropico boliviano, non lontano dalla fortezza incaica di Samaipata, che oggi l’Unesco ha dichiarato patrimonio mondiale dell’umanità. A Santa Cruz de la Sierra, un dipartimento grande come l’Italia, motore economico della Bolivia, ma con appena 2.5 milioni di abitanti, è facile arrivare.
Ma per andare dal capoluogo a Vallegrande, a 1.900 metri nella sierra che già sale verso le estreme alture andine, il viaggio è sempre stato difficile, anche per il Che, Tania Bunke – l’unica donna del gruppo – e gli altri che morirono al suo fianco. Qualcuno lo bollerà come «turismo rivoluzionario», ma per una generazione di militanti è rimasto un viaggio alle radici della loro storia personale e della memoria di un intero continente. Quello che è probabile è che il «Cammino del Che», il percorso turistico-culturale nelle zone dove Ernesto Guevara combatté le ultime battaglie, fu isolato, sconfitto, catturato e poi, prigioniero inerme, assassinato l’8 ottobre 1967, entrerà a pieno titolo tra le mete più battute del turismo boliviano. Oggi è il primo governo indigeno della storia della Bolivia, presieduto dall’aymara Evo Morales, a ricordarne la figura, facendone un’occasione di sviluppo nel più povero paese del Sud America, dove le condizioni di vita sono per molti versi peggiorate negli ultimi 40 anni. Il paradosso è che lo celebrano proprio quegli indigeni che furono spaventati e non seguirono il Che, con la sua teoria dei fuochi di guerriglia. Martedì scorso il viceministro per il turismo boliviano, Ricardo Cox, ha annunciato che finalmente i turisti potranno trovare infrastrutture dignitose ad accoglierli, e «gli abitanti della regione di Vallegrande trarranno grandi benefici dallo sviluppo turistico».
La viabilità sarà migliorata, nasceranno una rete alberghiera e di «Bed & Breakfast», servizi per il trekking tra la vegetazione tropicale, centri di interpretariato per poter accompagnare visitatori da tutto il mondo, oltre al museo dedicato al Che e la visita alla scuola di La Higuera dove fu assassinato. Già questa settimana, nel vecchio aeroporto di Vallegrande, è stato inaugurato un mausoleo nel punto esatto della fossa comune dove furono ritrovati i resti di Ernesto Guevara e degli altri guerriglieri caduti con lui. I resti, sepolti in tutta fretta l’11 ottobre 1967, furono recuperati nel giugno del 1997 da un gruppo specializzato cubano e dall’Equipo Argentino de Antropología Forense, una prestigiosa istituzione che da trent’anni si dedica al riconoscimento di resti di desaparecidos e vittime di conflitti in tutto il mondo, dall’Argentina al Ruanda, dalla Bosnia a Timor Est. Tutte le infrastrutture previste per il «Cammino del Che» verranno realizzate nell’ambito del «Trattato di Commercio dei Popoli», con la cooperazione dei governi venezuelano e cubano. Il clou si avrà l’8 ottobre, con l’inizio dell’«Incontro mondiale per il Che» a Santa Cruz de la Sierra. Arriveranno in Bolivia personalità di America e Europa, premi Nobel, musicisti di fama internazionale, e migliaia di persone che commemoreranno il Che con eventi culturali ed artistici. Ad appena quattro mesi da ottobre, e a meno di 18 mesi da quando il MAS, il partito di Evo Morales, è al governo, quasi tutto è ancora da fare.
Ma arrivare nella remota Vallegrande non è mai stato facile per nessuno, e tantomeno sarà facile costruire la prima strada asfaltata della zona, che potrebbe iniziare una nuova storia per questa regione. Cox, a dire il vero, è stato chiaro: per Vallegrande la strada, il turismo legato al nome del Che, «è l’unica possibilità di sviluppo».