Con Andrea Glorioso e Gabriele Tati:
Giorni fa, a Prima Pagina di Radio3, un ascoltatore ha quasi aggredito Sergio Romano, rimproverandolo per aver perfino citato l’articolo de La Stampa sulla visita in carcere della deputata Elettra Deiana a Doina Matei, la “puttana romena”, la “killer dell’ombrello”, l’Osam bin Laden venuta dalla Dacia. Indignato sosteneva che fosse uno scandalo che la deputata (ovviamente comunista) fosse andata a visitare l’assassina e non fosse invece andata a visitare la madre di Vanessa Russo. Il buon cattolico al telefono è evidentemente meno buon cattolico di me, che non lo sono affatto, ma che ricordo ancora perfettamente che tra le “opere di misericordia corporale” c’è quella di “visitare i carcerati”, e che questo è anche un preciso diritto/dovere dei parlamentari.
Andrea Glorioso: Ero negli Stati Uniti quando ha avuto luogo il delitto [Vanessa] Russo. Non ho dunque seguito la vicenda dal principio, e quando sono tornato i toni dei principali quotidiani e testate televisive sembravano suggerire chissà quale mostruosa premeditazione da parte delle “prostitute rumene”.
Quando poi ho capito un po’ meglio come fossero andati i fatti – ho ancora questo viziaccio di volerle capire, le cose – mi sono trovato a riflettere sul razzismo, conscio e inconscio, che sembra animare buona parte dei nostri media (senza parlare dell’italiano medio, perdoni il gioco di parole).
Una rumena è per definizione prostituta. Una prostituta è per definizione assassina. La morte di una bambina polacca è tutto sommato rubricabile come “effetto collaterale”. La morte di un mercenario italiano in Iraq, impegnato in attivita’ tutt’altro che chiare, è quasi quasi motivo di lutto nazionale.
Come futuro (e felicissimo, ci tengo a precisarlo) marito di una donna bulgara, vivo sulla mia pelle quotidianamente il razzismo strisciante, per cui alcuni conoscenti -persone di cultura, come si suol dire- ti fanno l’occhiolino quando dici loro che ti sei fidanzato con una bulgara, perche’ ovviamente tutte le bulgare sono potenziali puttane che si sposano con un italiano solo per ottenere la cittadinanza. O quando chiedi informazioni per ospitare un amico rumeno e i “pubblici ufficiali” ti guardano come se stessi per introdurre un pericoloso criminale. Guarda caso, per gli amici statunitensi non mi guardano allo stesso modo.
Il mito degli “italiani brava gente”, come Lei scrive, ce lo suoniamo e cantiamo da soli. In mezzo a (non molti) esempi di amicizia, ospitalità, fratellanza che ho sempre pensato fossero propri della cultura e della tradizione italiana, mi trovo costretto ad ammettere che siamo diventati -siamo sempre stati? – un popolo di xenofobi, ignoranti, provinciali. Così convinti delle panzane che ci raccontiamo sulla superiorità della nostra cultura da non riuscire a provare un briciolo di curiosità per quella altrui, a meno che non prenda la forma di un seno al vento su una tangenziale.
Gabriele Tati: Cosa succede su Repubblica, e nel centro-sinistra italiano in generale? Signor Carotenuto, ho letto e apprezzato il suo intervento di sabato sulla disparità di trattamento tra la tragedia della metropolitana di Roma e l’uccisione della bambina di 5 anni a Napoli, e poki minuti fa sul sito di Repubblica viene pubblicata la lettera ad Augias di un lettore che pur dichiarandosi di sinistra afferma di sentirsi razzista, o di esserlo quasi diventato. Non sarà per il fatto che legge Repubblica, mi chiedo? Non sarà per il fatto che il centro-sinistra non ha il coraggio di cambiare nulla, e quindi prosegue su logiche neo-conservatrici, sia economicamente che socialmente? Dobbiamo per forza adeguarci a modelli neo-liberali, e lasciare che la sinistra venga abbattuta “da sinistra”, mi chiedo? Confido sul fatto che gli italiani di sinistra non siano così stupidi come i loro politici e i giornali ad essi collegati pretendono.